mercoledì 20 gennaio 2016
Agata, Santa dalla bellezza nascosta: la conferenza del professor A.Blandini nella chiesa di Sant'Agata al Carcere
Agata, Santa dalla bellezza nascosta: la conferenza del professor A.Blandini nella chiesa di Sant'Agata al Carcere
Organizzata dalla rettorìa del Santuario diocesano di Sant'Agata al Carcere in Catania (nella persona del Sac. Asero), costrùtto sul romano palazzo pretorio e che ingloba le "sante carceri" dove ebbe fine la vita terrena della giovinetta Agata protomartire nel III secolo, per la rassegna "Noli offendere", si è svolta nella navata della chiesa, martedì 19 gennajo la conferenza "Il culto di Sant'Agata dalle origini agli eventi catastrofici del 1669 e 1693", relatore il prof.Antonino Blandini, studioso di storia patria e particolarmente versato in quella ecclesiastica.
Presentato dal valente dott.Piersanti Serrano che ha letto un breve curriculum del conferenziere, del resto notissimo in città e oltre per essere brillante firma del quotidiano "La Sicilia" e del settimanale diocesano "Prospettive", innanzi ad un folto ed attento uditorio, il professor Blandini, con l'entusiasmo che lo contraddistingue, ha avuto il non facile compito di condensare oltre mille anni di civica historia in una ora di intervento: e crediamo vi sia riescito benissimo, soprattutto per la fresca memoria e la densa parafrasi degli eventi, dalla cattività della giovine fanciulla Agata nei lupanari catinensi onde si convertisse al politeismo, fino al grande e primo miracolo del velo che arrestò la lava nel 252, per cui convennero a venerarla anche ebrei e pagani che in gran copia abitavano in città; fino alla vigilia dell'evo moderno, egli non ha fatto mancare la descrizione vivissima di notevoli ed importanti episodi di vita cittadina e della Storia siciliana, che hanno segnato la civiltà europea, il che è dire quella mondiale.
Tra gli altri, ci piace rammentare come il relatore abbia illustrato il primigenio culto della protomartire nelle necropoli catanesi estese nella parte nord della città -ovvero oltre il limitare di piazza Stesicorea-, nonché la visita del Papa Vigilio dopo il conquisto de' Bizantini, per cui Belisario in persona entrò a Catania, spogliato già l'anfiteatro per gli ordini di Teodorico. Il bujo periodo arabo con la proibizione del culto agatino è pure stato illustrato dal prof.Blandini, che nel contempo rammentò il grandissimo rifiorire dopo l'invitta riconquista de' Normanni, della devozione agatina con la fondazione della attuale Cattedrale al Duomo, ecclesia munita, mentre per il trafugamento avvenuto nel 1040, forse ad opera del guerriero protospatario Giorgio Maniace, il corpo della Santa fanciulla era a Costantinopoli, dònde tornava con immenso giubilo nel 1126, per riprendere la festa ed il "giro" delle reliquie sotto le mura, nei secoli succedutisi.
Dal viso della Santa, che molto verisimilmente ha ricordato il relatore (e lo scrisse già Padre Santo D'Arrigo nei suoi monumentali libri) raffigura nel reliquiario del XIV secolo quello della Regina Eleonora d'Aragona, i cui sovrani (di origine catalana) furono devotissimi alla Vergine martire e trasfusero grandi tesori per onorarla quando in quel tempo Catania era capitale del Regnum Siciliae, al cerimoniale di Alvaro Paternò del XVI secolo che in qualche modo "codifica" una festa più volte movimentata, che ebbe ben trenta candelore, cinque palii e diverse corse de' cavalli berberi nelle vie antiche; mentre da tutte le diocesi e in ogni luogo delle chiese d'Occidente e di Oriente, il culto della protomartire si diffondeva intensissimo e coinvolgente. Egli infine vòlle leggere alcuni versi della sacra liturgia greca della messa agatina.
L'allocuzione dell'illustre relatore fu come sempre piacevole a seguirsi, per la mésse di dati e episodi narrati: in tali modi belli e molto istruttivi, la Santa la quale può ben dirsi "bellezza nascosta" è degnamente onorata.
F.Gio
venerdì 15 gennaio 2016
Viaggio tra le vie dell'Arte XVI edizione, Spoleto Casa Menotti, 12-14 febbraio 2016
Viaggio tra le vie dell'Arte XVI edizione, Spoleto Casa Menotti, 12-14 febbraio 2016
Pubblichiamo il programma della XVI edizione del Viaggio tra le vie dell'Arte, ideato e curato dalle Edizioni Akkuaria di Catania, che quest'anno si svolgerà nella prestigiosa sede di Casa Menotti a Spoleto, Umbria. Nell'occasione si parlerà anche dei combattenti eroi della Grande Guerra, di cui ricorre il Centenario.
Venerdì 12 Febbraio 2016
ore 17.00 Apertura dei lavori e saluti di:
Mariaflora Monini, Fondazione Monini
Zefferino Monini, Fondazione Monini
Anna Manna, Premio Le Rosse Pergamene
Vera Ambra, Associazione Akkuaria
In ricordo di Gian Carlo Menotti
Elia Fiorillo, giornalista
Incontro con gli Autori di Akkuaria
Sabato 13 Febbraio 2016
ore 10.30 Gli eroi della Grande Guerra
a cura di Vera Ambra e Francesco Giordano
ore 16.30 Incontro con gli Autori di Akkuaria
Domenica 14 Febbraio 2016
ore 10.30 Omaggio poetico a Spoleto
Le poesie di Monteluco
raccolta poetica di Anna Manna Clementi,
introduzione di Elia Fiorillo, giornalista
ore 11.30 Incontro con gli Autori di Akkuaria
lunedì 28 dicembre 2015
Alla Natura, versi di Mario Rapisardi
Alla Natura
per un congresso di naturalisti in Catania
E a te, diva Natura,
libero sorga un cantico
dal mio petto fedel,
sia che remota e scura
volga pel mar dell'essere,
sia che t'assenta a noi scevra di vel.
Di falsi idoli ai piedi
chinar non vo' l'indocile
fronte devota a te:
tu che su tutto siedi,
una, diversa, onnigena,
inno e culto tu sola avrai da me.
Sul tuo carro di stelle
muta procedi, e il pallio
serri al virgineo sen;
danzan leggiadre e snelle
l'Ore ai tuoi passi, e versano
per le vaste regioni ombra e seren.
Sotto al tuo ferreo trono,
come bendate vittime
presso il fumante altar,
servi e costretti sono
l'ira dei nembi e i fulmini
e le insidie e i selvaggi odj del mar.
Tu parli, e pe' profondi
spazj fecondo s'agita
il tuo soffio vital;
sorgon pianeti e mondi
ad intrecciar le lucide
danze intorno a la tua fronte immortal.
Fremi, e da' morti abissi
balzan vulcani, e mugola
il riverso oceàn;
cadon confusi e scissi
popoli e mondi, e placida
tu sui nembi passeggi e l'uragan.
Ma allor che su la bocca
t'arde, qual raggio d'iride,
un sorriso gentil,
amor, che i dardi scocca,
l'anime accende, e il fremito
sente la terra del fiorito april.
Così tu regni. Poco
è al tuo possente imperio
lo spazio e l'avvenir;
son tuo trastullo e gioco
gli astri, gli abissi, i secoli,
l'albe e i tramonti, il vivere e il morir!
Salve! Dal carcer nero
ove, superbi Enceladi,
veniam teco a tenzon,
al tuo nume severo
prostro io la faccia, e trepida
alzo la voce della mia canzon!
Salve! Se lieta e pia
mai concedesti all'italo
Genio un tuo raggio sol,
or da' che questa mia
Patria rinnovi il fulgido
serto e il novo pensier liberi a vol.
Mira! Al tuo culto eletti
qui manda Ausonia i provvidi
figli del suo saper;
da sacro amor costretti,
la grande ombra d'Empedocle
dal fiammante li chiama ampio cratèr.
Sorridi, o Dea, sorridi,
sia che dall'Etna fumido
t'amiamo oggi invocar,
o dai pomosi lidi,
da cui fuggente e pallido
scagliossi il poveretto Aci nel mar.
Vedremo ai tuoi benigni
lumi svelar più docili
tesori il Mongibel:
quanti ha zolfi e macigni
nelle ferventi viscere,
quante ha sabbie sul dorso aspro di gel.
In vorticosi balli
verran l'onde del Càmmaro
liete a lambirci il piè;
di conche e di coralli
ne verseran le Najadi
da' ricolmi canestri ampia mercè.
Dal viso tuo redenti
potremo del Ver su l'ardue
cime acquietarci allor;
e a le stupite genti
schiuderà il Genio italico
nuovi olimpi di gloria e di splendor!
Mario Rapisardi
(dalla raccolta "Le Ricordanze"; leggiamo dall'Epistolario rapisardiano, pag. 33: "quest'inno fu recitato durante la riunione dei naturalisti italiani nella Casa Inglese in cima all'Etna il dì 27 agosto 1869 in occasione del IV congresso tenuto a Catania; e ripetuto al banchetto del Municipio il 23 agosto". Ma non dal Rapisardi, che si scusa dell'assenza con lettera a O.Silvestri pubblicata nell'Epistolario, pp.32-33. Si sa come il Poeta rifuggisse le pubbliche occasioni, màssime quando dovevansi recitare suoi versi).
lunedì 30 novembre 2015
La morte di Giuseppe Giarrizzo, storico e Maestro: il ricordo di uno dei tanti discepoli
La morte di Giuseppe Giarrizzo, storico e Maestro: il ricordo di uno dei tanti discepoli
Lo andavamo a trovare periodicamente, nella sua stanza da emerito in fondo al corridojo nord del monastero: oramai in pochi. L'ipocrisìa che si legge nei comunicati sulla morte del maestro e professore Giuseppe Giarrizzo, scomparso a 88 anni, lasciamo cadere come le foglie al vento e come avrebbe fatto lui, con un sorriso volterriano. Eravamo in pochi ultimamente, ma continuavamo a chiamarlo Preside: e però Preside non lo era più dal 1998, e non c'è più neppure la "nostra" Facoltà di Lettere, dove abbiamo stuidiato e siamo cresciuti, soppressa dalle mutazioni ministeriali con un anonimo dipartimento studi umanistici. Giarrizzo lo storico, il Maestro di intiere generazioni, l'uomo disponibilissimo sempre coi giovani studiosi aventi volontà di apprendere, il socialista del cuore, rapisardiano e deamicisiano, con una inclinazione dolce verso il cristianesimo, se ne è andato all'alba del 28 novembre u.s.. Era nato a Riposto, di famiglia modestissima, nello stesso paesino ridente sul mare etneo in cui nacque l'altro grande storico siciliano, Santi Correnti, scomparso anch'egli qualche anno fa, con cui il nostro ebbe rapporti contrastanti (di Correnti pure fùmmo discepoli). Entrambi però innamoratissimi della storia mondiale e siciliana in particolare, entrambi allievi di Santo Mazzarino.
Lo avevamo incontrato prima dell'estate con la promessa di rivederci presto, scambiandoci come sempre notizie, conversazioni brillanti sulle ultime novità della ricerca (Tempio e la storiografia siciliana del '700, la Massonera su cui ha scritto un indispensabile e documentatissimo volume, i rapporti Chiesa latomismo tra il XVIII e XIX secolo...). Davamo per acclarato che superasse i 90 anni, anche se ultimamente ci avvertiva: "ricordatevi che ne ho quasi 88, oggi ci sono e domani non so..." Non lo rivedremo più in fondo a quella stanza a pontificare da augusto conoscitore della grande Storia, quella davvero con la "S" majuscola che i giovani d'oggi non possono apprendere, perché di Maestri come lui non ve ne sono più.
L'Università di Catania, a cui ha dedicato oltre cinquanta anni di vita accademica (e trenta da Preside di Lettere), lo ha commemorato come dovuto: siamo stati alla cerimonia laica, il 30 nell'aula Mazzarino dell'ex monastero, presente la salma in momenti di viva commozione tra coloro che gli vollero bene -assenti le ultime generazioni, che non sanno chi fu- : parlarono il Rettore Pignataro, il Sindaco Enzo Bianco, il sodale professor M.Aymard con cui Giarrizzo strinse il legame francese, l'allievo ed ex preside Jachello: quest'ultimo usò termini molto schietti, affermando di essere stato cooptato da Giarrizzo in Ateneo e dovere a lui tutto se stesso: così dichiarando che il Maestro era anche un cosiddetto "barone", il cui potere tuttavolta derivò dal suo immenso prestigio intellettuale. I funerali religiosi si svolsero nella cattedrale ripostese: ultimamente egli riscoprì la religione antica, anche a causa della perdita dell'amatissima moglie Maria.
Era un unicum per tantissime ragioni, il Preside Giarrizzo: storico notomìsta del "mezzogiorno senza meridionalismo", di lucidissime analisi dell'Europa illuminista e della restaurazione, la cui fama è pressoché mondiale. Per lui essere storico era un impegno civile, che negli anni ottanta del Novecento trasfuse anche in politica. Ma bisogna anche dire che negli ultimi anni, pur presente sempre e attento alla conservazione dell'immenso patrimonio storiografico e documentario della Cultura catanese e siciliana, egli era un sopravvissuto a tempi del tutto diversi dai suoi: che fine farà adesso la Società di Storia Patria per la Sicilia orientale, di cui era il dominus incontrastato? Chi pubblicherà il corposo archivio di documenti anche inediti, tra cui molte lettere del Rapisardi, che egli curava e che ci mostrava a volte con malcelato orgoglio? Chi difenderà il futuro della Biblioteca Civica, cui teneva come le pupille dei suoi occhi, con la veemenza di cui era capace?
Nessuno potrà sostituirlo, nessuno ha oggi l'immensa cultura e la sconfinata erudizione che aveva lui, per cui noi già all'epoca (non era necessario essere per forza del suo corso, si andava ad assistere alle lezioni come se si andasse a sentire Erodoto o Tucidide: infatti pochi rammentano che egli nasce storico classico, per poi specializzarsi nel Settecento europeo) continuavamo a consultarlo come se attingessimo all'Oracolo di Delfi: ed era questo Giarrizzo fino a che la Nera Signora non lo rapisse a tutta la comunità degli studiosi da Oriente a Occidente, un fiume in piena a cui ogni interessato poteva cogliere il più bel fiore, esattamente pari al mòtto dell'Accademia dei Lincei che lo vide suo affiliato.
Non aveva peli sulla lingua, specie negli ultimi tempi, e si esprimeva liberamente con molta chiarezza su diverse tematiche anche di attualità, non lesinando critiche e frecciate anche acute, ma sempre con stile e signorilità da uomo d'altri tempi. La sua disponibilità per la ricerca non venne mai meno: un episodio fra tanti, quando negli anni Novanta avevamo fondato e dirigevamo la rivista letteraria e storica "La Fenice", lui fu tra i collaboratori più prestigiosi, e aderì fraternamente a mostrare il proprio pensiero con grande entusiasmo. Bibliofilo attentissimo, lo ammiravamo già da studenti ginnasiali mentre incedeva sicuro e felpato nelle sale di lettura della Biblioteca Civica, aggregata all'ex Monastero, con grande sicurezza a' tempi della direzione di Maria Salmeri: epoca di grande prestigio per quelle venerande istituzioni. Fino a quando la sua figura passeggiava tra quelle sale, eravamo tranquilli, era lui l'incarnazione autentica dei vetusti Abati dell'antica reggia spagnolesca, l''aveva fatta riadattare con l'architetto De Carlo in modo simbolico -per chi ha occhi per vedere e orecchie per sentire- e semplice: si deve al suo vaticinio la rinascita di quell'immenso complesso monastico, che quasi talismanicamente "proteggeva" con la silente presenza fisica, da grande iniziato.
Ora che l'eterno Oriente ha circonfuso nel manto delle stelle supreme l'anima del vecchio storico catinense, non potremo più avvalerci dei suoi preziosi suggerimenti e incoraggiamenti anche se ne seguiremo gli insegnamenti, ma siamo certi che dalla Luce divina in cui dimora coi grandi che tanto amava, continuerà a sorriderci còlla sua ironia brillante e razionale. Fraternamente, a rivederci, Preside e Maestro!
"Amar gli uomini io sento; e chi può mai
gli uomini amar se troppo in lor s'implica?
Da lontano io però, dall'alto forse,
li miro, e sovra il lor capo infelice
Santi Ideali, il vostro lume invoco"
M.Rapisardi, epigrammi V
Francesco Giordano
martedì 24 novembre 2015
Due articoli sulla conferenza del 4 novembre riguardante la grande guerra, su La Sicilia e Prospettive
Pubblichiamo due articoli, rispettivamente apparsi sul quotidiano La Sicilia del 19 novembre 2015 e sul settimanale diocesano Prospettive del 22 novembre 2015, relativi alla conferenza sulla grande guerra, tenutasi il 4 del mese corrente nella sacrestia della chiesa di San Camillo dei Mercedari ai Crociferi, via Crociferi Catania. Ringraziamo sentitamente l'affettuoso prof.Antonino Blandini, studioso di storia patria e autore degli interventi, per la fedele cronaca dell'evento, nonché i direttori delle testate, per la cortese disponibilità.
sabato 14 novembre 2015
sabato 7 novembre 2015
Celebrata a Catania la Vittoria nella grande guerra con una importante conferenza a San Camillo
Celebrata a Catania la Vittoria nella grande guerra con una importante conferenza a San Camillo
Nella splendida cornice della settecentesca sacrestia della chiesa di San Camillo ai Crociferi, ubicata nella scenografica via omonima, chiesa adesso intitolata ai Mercedari che ne gestiscono l'uso, ospiti -mercè la gentile disponibilità del Barone Sorbera de Corbera- dell'Ordine dedicato a Nostra Signora della Mercede, si è svolto il 4 novembre l'incontro organizzato dall'Associazione Akkuaria, relativo al ciclo "Le giornate della memoria", dedicato appunto alla prima guerra mondiale, di cui il 4 novembre è giornata fatidica, poichè rammenta la Vittoria in quell'immenso conflitto; essendo anche festa delle Forze Armate e dell'Unità nazionale.
Allietata da pubblico folto e altamente qualificato, la serata si è svolta secondo il più perfetto rito della commemorazione dei nostri gloriosi caduti, in nome dell'Italia emanuelina e di quel popolo che pugnò e morì per la Patria: al suono della Marcia Reale, della Leggenda del Piave e del bollettino della Vittoria (riportato dalla voce del Maresciallo Diaz), i convenuti nel rituale attenti, si aprì la serie di interventi, coordinati dal primo relatore, dott.Francesco Giordano, storico e saggista. Egli ha voluto ricordare alcuni nomi di eroi che fecero la storia di quei tre anni di sofferenza e gloria, da Enrico Toti al generale Cascino, l'eroe della "valanga che sale"; dal Grappa al Carso al Piave ove rifulse la grandezza tragica dei semplici fanti, tutto secondo le ferree leggi di guerra dietro le quali, al comando supremo, stava il Re, Vittorio Emanuele III, che giustamente venne detto Soldato poiché come umile fantaccino calcò le trincee e rimase al fronte per tutta la durata della guerra, incarnando lo spirito autentico della Nazione: a tal proposito egli lesse la poesia "Per il Re" di D'Annunzio. Così come fu precisato che popoli diversissimi per indole e linguaggi, si trovarono in quella tragica circostanza amalgamati e uniti sotto il glorioso tricolore e nella bigia uniforme di soldati, scrisse altro combattente poi famoso, Ungaretti, ritrovaronsi quale culla avita, mescendo il pane della unità italiana mai sino ad allora raggiunta, che fu commistione di sangue, Luce oltre la tenebra della perduta Parola. Medesimemente egli volle ricordare il sacrifizio di Carlo Delcroix, grande invalido e fondatore dell'Associazione Mutilati, profondamente cristiano e aedo di quel dolore che non fa perdere mai la speranza, perchè essa si disvela come una catarsi cosmica nel desiderio di vivere anche nelle sventure, se vi è Amore.
Vera Ambra, a cui si deve l'idea delle iniziative commemoranti le guerre, ha parlato a nome dell'Associazione Akkuaria e della omonima casa editrice, della antologia di scritti sul primo conflitto, che è stata presentata di recente a cura della omonima casa editrice, e annunciato che il percorso di recupero della memoria continuerà con altro volume di testimonianze sulla seconda guerra.
Infine il noto oratore, già esponente del partito monarchico, avvocato Nello Pogliese, cassazionista, ha affascinato l'uditorio dispiegando la sua analisi in stile tacitiano non solo sul filo della nostalgia per le testimonianze di prima mano avute dai reduci di quel conflitto, ma anche analizzando con metodologia sociologica le cause che dalla triplice alleanza al passaggio all'Intesa, promossero l'intervento italiano e, inevitabilmente, non mancando di far notare la pochezza del momento storico attuale, a fronte della importanza della Patria italica nella politica estera, specie negli anni tra le due guerre. Egli infine precisò che seppure nostri nemici, gli austro-tedeschi ebbero le loro ragioni per entrare in guerra, e si avventurò nella ricerca delle cause del disastro di Caporetto, cui seguì la gloriosa avanzata del 1918 con la vittoria a Trento e Trieste.
La serata riescì infine a riportare l'attenzione ed i cuori verso un periodo storico solo apparentemente distante, le cui conseguenze tuttavia sono tremendamente attuali e permangono nella coscienza collettiva.
F.P.
Qui il video della conferenza su Youtube: https://www.youtube.com/watch?v=TX6GW4VjWyI
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