martedì 6 luglio 2010

Benedettine dell'Adorazione perpetua: cento anni a Catania


Le celebrazioni giubilari


Cento anni delle Benedettine a Catania


Una presenza plurisecolare nel monastero di via Crociferi, ravvivata dal carisma dell’Adorazione Perpetua – La vita antica e nuova della Comunità -
 
Nel maggio del 1910 due suore Benedettine, della congregazione dell’Adorazione perpetua del SS.mo Sacramento, giungevano in Catania. Si stabilivano nel monastero di via dei Crociferi, angolante con via Teatro Greco, il quale, eretto nel XIV secolo e da allora sede delle monache figlie di San Benedetto, era languente e secondo le leggi di soppressione degli ordini ecclesiastici di quarant’anni prima, volute dal governo anticlericale (e rapace economicamente: era ministro delle Finanze, che approvò l’operazione, Quintino Sella: qualcuno può fare dei paralleli storici…), destinato a chiudere. Non fu così, e la luce del Sole di Giustizia del Redentore, per i moltissimi che la tengono da conto all’epoca, ed anche oggi, continua da un secolo pieno secondo la volontà di Nostra Signora, ad irradiarsi in Catania, attraverso la forma antica e rinnovata della mistica delle Benedettine dell’Adorazione. Si compiono infatti cento anni dalla rinnovata presenza delle monache figlie di S.Benedetto in città, e si concluse da poco l’anno giubilare, il quale ha veduto svolgersi, nella augusta e settecentesca chiesa che scenograficamente chiude la strada barocca fra le più famose al mondo per la sua unità e armonia architettonica, incontri di studio, seminarii, e di preghiera, a cura della fervente e fiorente comunità di ecclesiastiche, la quale oggi come jeri anima di afflato divino il vetusto luogo, ingrandito ed ampliato sin dai secoli passati e comprendente pure la cosiddetta badia piccola, che funge da novantacinque anni anche da scuola, od educandato, per fanciulle (dal 1986, per volontà della attuale Priora, sono ammessi anche i maschietti).
Proprio la scuola, ovvero il Pio Istituto Educativo San Benedetto, la prima realtà scolastica cattolica nata a Catania dall’Unità, svolgente la propria attività dal novembre 1915, è stata il riverbero illuminato di quel messaggio evangelico monastico e prettamente spirituale, lanciato con grande successo dalle Suore benedettine del Sacramento, sin dalla venuta delle Sorelle del Monastero di Ghiffa, fondatrici della nuova comunità. Bisogna aggiungere, come è stato detto e scritto non solo in questa occasione, ma anche negli anniversari passati (chi scrive ricorda con commozione l’ottantesimo, allorché l’illustre canonico della Cattedrale Mons. Nicolò Ciancio, ivi celebrò il fausto evento), che il merito della rinascita del monastero e della istituzione della scuola, si deve al noto e deciso Arcivescovo di Catania del tempo, Cardinale Francica Nava di Bondifè ed Asmundo. Egli, la cui famiglia abitava l’attiguo palazzo Asmundo nella piazzetta omonima (e la cui prima Abbadessa del Monastero ricostruito dal devastante terremoto del 1693, nel 1704 era una sua antenata, Suor Ignazia), fece in modo di riscattare, leggasi comperare, ex novo l’edificio dal demanio statale che lo aveva a sé avocato.
Disparvero nel 1867 i Benedettini in Catania soprattutto nel grandioso monastero maschile di San Nicolò de harenis; si estinsero le monache della SS.Trinità per far luogo all’educandato femminile e poi al Liceo scientifico; egualmente le benedettine di San Placido e della Badia di Sant’Agata: ma non quelle di via Crociferi, poiché rappresentavano anche il prestigio della secolare presenza della Chiesa nella città dell’Etna, l’avevano guidata sin dalla riconquista Normanna (benedettino era Ansgerio il primo vescovo, benedettini furono tanti altri) e non potevano essere impunemente ridotte al silenzio, in un momento di grande frattura per la coesione nazionale. E’ stato questo anche il tono degli interventi del convegno di studi svoltosi il 24 maggio, all’interno del tempio, alla presenza di molti qualificati relatori; per parte nostra, rileviamo l’intensa, appassionata disamina svolta dal Preside dello Studio Teologico San Paolo di Catania Mons. Gaetano Zito, il quale ha per grandi linee ma con l’acutezza che lo contraddistingue, tracciato il passato recente e suggerito interessanti spunti di riflessione storiografica, per la storia della comunità monastica e di quelle similari: chi infatti tien chiaro che in Catania, come egli ha detto, esistevano undici monasteri femminili a fronte di circa venticinquemila abitanti, prima del terremoto magno, può ben rendersi conto di quella che è stata definita una anomalìa sociale.
Parimenti interessante e dòtto, come nel suo stile, il saluto, mutatosi poi in illuminati e pregnanti suggerimenti, dell’Accademico dei Lincei e Preside onorario della Facoltà di Lettere, nonché storico insigne, Prof.Giuseppe Giarrizzo: il quale non ha nascosto la propria commozione, per la sua presenza in quel luogo antico, a cui lo legano antichi affetti. Chiarire ed interpretare i rapporti fra giurisdizionalismo e storiografia, nella consapevolezza –ha egli affermato- del "peccato originale della mancanza di una antropologia religiosa in Italia, come invece vi è in Francia", al fine di creare quel "libero circolo tra la storia della chiesa e la storia delle religioni": tale l’auspicio, in parte raccolto da alcuni dei relatori ma da ingrandire, approfondire e degnare di studi quanto più minuziosi sia possibile, del nostro grande storico della laicità europea, il quale non si è -come d’indole degli uomini di amplissimo sentire- fatto schermo a suggerire indagini anche in un campo, quello degli studi religiosi, che non è il esattamente il proprio.
Qualche cenno in fine bisogna tracciare della specifica mistica la quale da un centennio è impiantata a Catania, quella della fondatrice dell’Ordine delle Adoratrici: Mectilde de Bar, una suora lorenese che visse nel cosiddetto secolo d’oro della spritualità francese, il XVII. Ella era prima monaca delle Annunciate, di obbedienza francescana: ma solo dopo diverse vicissitudini anche personali, nel 1640 si faceva perpetuamente benedettina, e nel 1654 nasceva l’Ordine da lei fortemente voluto, e sostenuto dalla beneficenza di nobilissime dame, primariamente della Regina di Francia Anna d’Austria, in piena Guerra dei Trent’anni. L’Ordine fu sempre sostenuto dalla nobiltà, ma era anche un perfetto agente di coesione col popolo, poiché fu sempre desiderio di Madre Mectilde istituire educandati per fanciulle che erano inclini alla vita cristiana.
Anche in Catania, nei decenni trascorsi del secolo XX, l’istituzione monastica e la scuola, all’epoca solo femminile, delle Benedettine era sinonimo di prestigio e di orgoglio, per molti i quali inviavano le proprie figlie a studiare nell’Istituto; fra l’altro, per indicare quale ruolo ebbe la comunità, la chiesa di San Benedetto vide nel 1950 l’ordinazione sacerdotale di Padre Salvatore Pignataro, il ‘dominus’ del quartiere Tondicello della Plaja, rione che egli còlla forza di un carattere indomito, plasmò a novella vita riuscendo in molti casi a sconfiggere la povertà e la miseria degli abitanti del quartiere. Inoltre, negli anni Sessanta, insegnava all’Istituto San Benedetto materie classiche Antonio Corsaro, sacerdote che si diceva essere ‘eterodosso’ per i suoi multiformi interessi e gli studi di alto valore intellettuale: personalità carismatica per molti studiosi in città, ancor oggi da alcuni ricordato.
Il Monastero delle Suore Benedettine catinensi e la scuola, sono stati e sono ancora, mutatis mutandis, un essenziale ed alto punto di riferimento, per molti catanesi che intendono a quel luogo riferirsi, e tra quelle mura intrise di storia e di spiritualità affidare l’avvenire animistico e psicologico del frutto de’ loro lombi: merito della attuale Madre Priora Suon Giovanna Caracciolo, di origini catanesi, come delle sue collaboratrici (Suor Agata Fede la direttrice, Suor Anna Maria instancabile tessitrice di belle speranze e concrete attività, Suor Rosa fedelissima vigilante, nonché i docenti ed i collaboratori oblati) mantenere la guida sicura e prestigiosa di una istituzione la quale, se ha molto dato, ha anche molto ricevuto."Che cosa di più dolce per noi", dice San Benedetto, "di questa voce del Signore che ci invita… ci indica la via della Vita". E Madre Mectilde: "Dio ha delle voci ovunque: nelle fiamme, nelle acque, voce nella virtù, nella magnificenza…". Tornano spontanei al cuore i versi non dimenticati del Poeta romagnolo: "C’è una voce nella mia vita, \ che avverto nel punto che muore; \ voce stanca, voce smarrita, \ col tremito del batticuore, \\ voce d’una accorsa anelante, \ che al povero petto s’afferra \ per dir tante cose e poi tante, \ ma piena ha la bocca di terra…" (Pascoli, La voce). E’ quella voce, forse, la quale trasporta in un lungo percorso: "E tra un violetto ed un tuffo \ vanno le foglie morte \ e non tornano più" (Pascoli, Le foglie morte). L’enigma è forse qui, tra le tenebre e la luce, fra il bianco ed il nero.

Barone di Sealand (FGio)
Pubblicato su Sicilia Sera n° 330 del 4 luglio 2010