venerdì 22 febbraio 2013

Fede e Natura del mistero eterno: recensione alle Poesie Religiose di Mario Rapisardi a cura di Francesco Giordano, Boemi editore Catania 2012




E' stata pubblicata sul quotidiano "La Sicilia" di Catania del 19 febbraio 2013, scritta dalla attenta e raffinata penna del prof. Antonino Blandini, la recensione al volume "Poesie Religiose" di Mario Rapisardi, Vate dell'italica poesia nel XIX secolo, curato dallo studioso Francesco Giordano e stampato da Boemi editore a dicembre del 2012. Qui l'articolo e l'immagine tratta dalla pagina culturale; si ringraziano il dott. Giuseppe Di Fazio Vice Direttore del giornale, e il Direttore responsabile avv.Mario Ciancio Sanfilippo, per lo spazio concesso.

Le Poesie religiose del vate catanese
Rapisardi, fede e natura del mistero eterno    Su La Sicilia oggi cultura pag.18 del 19\2\13

A conclusione del centenario della morte del vate catanese Mario Rapisardi, lo scrittore di storia patria e giornalista letterario Francesco Giordano, infaticabile cultore del grande poeta concittadino, ha curato la riedizione delle "Poesie religiose", le più apprezzate del suo repertorio. Il volume edito da Boemi (Catania, dicembre 2012, in copertina un acquarello inedito di Rapisardi), esalta l'intramontabile valore lirico degli aulici e colti versi rapisardiani, frutto purissimo dell'anima classica e sdegnosa del "titano fulminato": un doveroso omaggio al cantore dello spirito e della libertà contro ogni tirannide. Le poesie religiose sono frutto, stilisticamente e spiritualmente purissimo, del rispetto della fede nella natura indagatrice del mistero eterno, nell'amore verso gli umili, nel vero filosofico, nell'ideale della giustizia. In esse si riscontra pienamente la serena armonia del Tutto, la maturità artistica e l'universalità della musa del poeta positivista e repubblicano, degno di grande apprezzamento per il valore letterario che riveste la sua poetica, nel contesto della straordinaria operosità e validità culturale di scrittori come Verga, in una Catania incontrastata capitale del Verismo di fine secolo XIX.
Il lavoro, corredato da una bibliografia anche telematica e da una singolare nota biografica dello stesso autore, riproduce fedelmente il contenuto del volume unico delle Opere del poeta, edito nel 1911 da Sandron e approvato dallo stesso Rapisardi, tenendo presente l'edizione Sanzogno di 3 anni prima. La meticolosità di Giordano è stata così scrupolosa da indurlo a controllare la versione originale nel manoscritto, gelosamente custodito nello studio del poeta ricostruito, con i libri e le carte a lui appartenuti, in una sala delle "Biblioteche Riunite", dove vive la memoria del più grande poeta siciliano, professore di liceo e d'università, fondatore e preside della facoltà di lettere per chiara fama, grazie al De Sanctis.
Giordano, autore dell'introduzione e della postfazione critico-storica, ha ripercorso la parabola artistica della vis poetica di un uomo schivo e orgoglioso, battagliero non violento, l'aedo della nuova Italia che ebbe il coraggio di ritrattare esagerazioni iconoclaste anticlericali ed errori di gioventù, d'invocare il perdono di Cristo, mai tradito, segno d'animo giusto ed intemerato, nell'appassionata e rasserenante ricerca della pace. Il giovane poeta de "La Palingenesi" aveva rinnegato la manzoniana e piena d'amor di patria "Ode a S. Agata", di cui l'esordiente lirico fu devoto, imponendo all'editore Giannotta di escludere questo saggio del suo genio poetico dalle sue opere. Eppure il turbolento intellettuale razionalista non nascose mai il suo sentimento cristiano.
Antonino Blandini

venerdì 15 febbraio 2013

La raccolta di poesie "Russània" di Gabriella Rossitto presentata al castello Leucatia a Catania





Le ha definite "brùnziddiàte", con termine icastico ma adeguato, il bravo studioso, cantastorie e critico Alfio Patti: la raccolta di poesie "Russània" di Gabriella Rossitto, valente scrittrice che ha all'attivo numerosi volumi in lingua siciliana nonchè in italiano, è stata presentata il 13 febbraio u.s. nella sala del castello Leucatia a Catania, a cura del Centro culturale Vincenzo Paternò Tedeschi, di cui è fondatore lo studioso Santo Privitera, il quale ha introdotto l'artista, con la consueta attenzione.

Il libro è meritevole poichè ha anche vinto un premio, il "Grotte". Una serata interessante, partecipata e brillante, arricchita anche da una bella canzone in siciliano di Patti, dove non sono mancati aneddoti linguistici sulla struttura delle parole in lingua sicula e sulla loro genesi, per far comprendere a chi volutamente dimentica, che la nostra storia e la nostra cultura, viaggiano sì sul filo dell'amore, tema dominante della silloge, ma anche nell'ordito straordinario e sconvolgente del verso che si fa realtà.
 

lunedì 4 febbraio 2013

Alcuni testi della antica liturgia di Sant'Agata, in versione latina e in lingua siciliana

 
 

Alcuni testi della antica liturgia di Sant'Agata, in versione latina e in lingua siciliana

Abbiamo pensato quest'anno, come i precedenti, di dare il nostro piccolo ma crediamo significativo contributo alla venerazione per la protomartire Sant'Agata, protettrice della Sicilia e Patrona della città di Catania, la "vergine di Cristo" che patì il martirio nel 251 nella città etnea: amata e celebrata in tutto il mondo, Agata è simbolo della purezza e del candore per chiunque, cristiano o politeista, senza religione o vagolante nel dubbio, libero pensatore o scettico, devoto o peccatore,la osservi e le volga il pensiero affettuoso. Ella era a' tempi suoi quella che oggi si può dire una Suora, cioè una vergine consacrata che prese i voti, come dimostra il velo. Non è un caso che ogni anno uno dei passaggi più intensi della festa è la sosta davanti alla chiesa ed al Monastero di San Benedetto, dove le Suore benedettine dell'Adorazione Perpetua intonano il canto (del maestro Tarallo) di grande amore alla loro consorella perpetuamente viva. Esse mantengono vivissima la devozione agatina anche mercè la loro scuola, la più antica in città, rendendo partecipi gli scolari del culto delle reliquie della Santa, le quali ogni anno visitano quei luoghi millenari. E se il volto che vediamo nel busto reliquiario è della Regina Eleonora d'Aragona (i Re aragonesi dimoranti in Catania, che fu capitale dell'Isola nel secolo XIV, tanto erano folli d'amore per Agata, da farsi seppellire accanto a lei, e ancor oggi riposano, seppure colpevolmente dimenticati, vicino la Martire, in Duomo), noi catanesi di ogni stirpe e condizione sociale, qui e ovunque, amiamo appellarla "la santùzza" non tanto per il suo martirio da giovinetta (lo studio di padre Santo D'Arrigo di cara memoria, ci dice che subì il tormento fra i 20 ed i 25 anni, quindi non era adolescente come vuole la vulgata), quanto perchè in ogni periodo dell'anno, ne percepiamo la presenza e la protezione. Addiritura pare che il suo sangue di famiglia nobile rimanga: tutti coloro che si chiamano Rao o hanno dei parenti con questo cognome, si considerano a Catania un po' privilegiati perchè sostengono di essere "i parenti di Sant'Agata", la qual cosa è fondata poichè ella ebbe per cognome Raus, come era chiamato il padre, e Apolla la madre (così negli Atti latini, i più antichi).

Nel periodo politeista o precristiano a Catania ognun sa che era la dea Iside la più venerata e per lei si svolgeva una processione costeggiante il mare: le analogie con la festa agatina sono troppo evidenti perchè non se ne veda la continuità, come hanno dimostrato gli studi del primo Novecento di illustri storici (in primis il Ciaceri), e le comparazioni con i testi noti (vedi le Metamorfosi di Apuleio): il fatto fondamentale è che la devozione per codesta figura femminile non è mai venuta meno a Catania da almeno 2400 anni. Ciò è straordinario e meraviglioso.

Abbiamo scelto alcuni brani della quasi bimillenaria liturgia che la Chiesa cristiana ha dedicato ad Agata, traendoli dagli ufizi strutturati dai primi pontefici (la fonte è il volume di padre G.Consoli, "Sant'Agata vergine e martire", Catania 1951 II vol.) e preferimmo donare non la comune versione in lingua italiana, ma quella in lingua siciliana (considerata ormai tale da anni dall'Unione Europea, anche se il governo regionale di Sicilia finora non ne ha preso atto concretamente), affiancata al testo originale latino. Se come è storicamente acclarato, Sant'Agata fu in tutte le ore della storia di Sicilia, vessillo di libertà e di indipendenza (anche per questo sorse nel XVII secolo la quaestio della nascita della fanciulla in Palermo: tanta era la gloria e la popolarità di Agata che gli amici palermitani la volevano tutta per sè... ma le fonti non possono negarsi...) e se predilesse sempre Catania sua città ("Per me civitas catanensium sublimatur a Christo", è tratto dagli Atti e sta inciso nel bordo dei discavi dell'Anfiteatro in piazza Stesicorea), e ne punì coloro che la offendevano impunemente ("Non offendere la patria di Agata perchè essa ne vendica le offese", recita il NOPAQVIE sulla fronte del Duomo), come ben sa sulle sue carni che ieri e oggi ne ha patito le atroci vendette, ella fu protettrice della Sicilia tutta perchè chi da ogni parte dell'Isola a lei si rivolge, viene esaudito. Sempre. Persino la rivoluzione indipendentista del 1837, che ebbe in quell'estate il fulcro a Catania, vide il Duomo sede del corpo di Agata protagonista, poichè fu su quei tetti che si levò la bandiera giallo-rossa della Sicilia che volea affrancarsi dal nemico borbonico, e tutta l'Isola seguì, prima della repressione spietata della polizia napolitana. Si può quindi anche affermare che Sant'Agata fu ed è, sicilianamente indipendentista.

L'annuale ritorno di Agata tra i catanesi nella sua plastica fisicità, si svolge non solo a febbraio ma anche in agosto: è però la festa antica col "giro", che rimane e rimarrà sempre nella memoria di ciascuno. Le seguenti lodi che sono fini poesie della Letteratura universale, siano gustate con amore e devozione.

 

Antifona della liturgia detta "catanese" istituita dopo il 1126, anno della traslazione delle reliquie, dal Vescovo di Catania Maurizio in onore della protomartire Agata.

Tu gloria Trinacriae,

tu laetitia urbs Cataniae,

tu honorificentia civium tuorum:

jubila o Catania,

propter novum adventum Agathae.

Infelix tu Bisantium,

graecorum prava civitas,

errores malignantium sequens

vetusta pravitas.

Postquam grecos Agatha quasi lutum sprevit,

sibi sponsam hodie Catanam induit...



Tu gloria di Trinacria,

tu letizia di la citati di Catania,

tu onùri di li toi concittadini!

Ralligrati Catania,

pri lu novu ritornu di Agata!

O Bisanziu 'nfilici,

tìnta greca cittadi,

ca cuntìnui a fari malignità

comu a li tempi antichi,

doppu ca Agata comu fangu sdignàu li greci,

rindìu filici Catania oggi comu na sposa!




 

                                      Lodi, sempre dalla liturgia catanese:

Exultet urbs Cathaniae:

matris ditata munere

quam rex et sponsus Agathae

didat honoris onere.

Nobis cathanensibus

sacram sponsam restituens

decoris ornans fascibus

bisantium destituens.

Delicta tui meritis

sacrosantis reliquis

nobis clementer redditis,

mancipatis obsequiis.

defende tu Trinacriam

o rosa venerabilis,

presertim tuam patriam,

Cathaniae tam nobilis.

Laus Patri sit ingenito

laus eius unigenito

laus sit sancto flamini

mestorum paraclito, Amen.



Prejiti o citati di Catania,

pirchì torni a essiri màtri

onùri cà ti vòsi dari lu sposu di Agata,

re li lu Cielu!

A nui catanìsi

turnànnuni la sacra sposa

nnì fici digna còsa

spugghiànnuni Bisanziu.

Pri li virgògni di ddà città luvànnici

li sacrusanti riliquii

a nui pri climenza turnànu,

ccù li onuranzi miritati.

Difènni la Trinacria

o vinirabili rosa,

e priserva la patria tua,

Catania accussì nobili!

Sia lodi a lu 'Ngenitu Patri

e a lu Figghiu unu,

a lu Santu Spiritu

ca santamenti nni cunsòla, ammèn!

 

Nell'antico Ufficio di Sant'Agata, in rito latino sicuramente al tempo di Gregorio Magno, di grandissima devozione agatina anche perchè di madre siciliana , poi durante il periodo normanno ruggeriano e guglielmino secondo il gallicano, fino al Concilio di Trento e il ritorno al rito romano, e certo anche per il tempo bizantino, si cantò il celebre Inno a Sant'Agata attribuito a San Damaso, Papa tra il 366 ed il 384. "Antichissimo" secondo molti, Romeo e Consoli e D'Arrigo lo danno per certo dalla penna del pio successore di Pietro. Qui il testo latino e la versione in lingua siciliana:

Martyris ecce dies Agathae

Virginis emicat eximiae,

Christus eam sibi sociat,

et diadema duplex decorat.

Stirpe decens, elegans specie,

sed magis actibus atque fide,

terrae prospera nil reputans

iussa Dei sibi corde ligans.

Fortior haec trucibusque viris

esposuit sua membra flagris;

pectore quam fuerit valido

torta mamilla docet patulo.

Deliciae cui carcer erat,

pastor ovem Petrus hanc recreat

laetior inde magisque flagrans

cuncta flagella cucurrit ovans.

Ethnica turba rogum fugiens

huius et ipsa meretur opem:

quos fidei titulus decorat

his Venerem magis ipsa premat.

Iam renidens quasi sponsa polo

pro miseris supplicet Domino;

sic sua festa coli faciat

sic celebrantibus ut faveat.


 

Di la Màrtiri Agata eccu lu jornu,

la Virgini illustri

ca Cristu si maritau,

decurata di duplici curùna.

Di razza nobili, bedda, eliganti,

ma chiossài pri li opiri e la fidi,

di la terra nènti reputa dignu

e 'ntriccia lu cori a li cumànni di Diu.

Di li tìnti carnefici cchiù forti

mìsi lu so corpu a li tortùri;

lu suppliziu di li sò minni

è forza di lu sò caratteri.

Lu carciri era pri idda delizia,

pirchì Petru lu pasturi scìnni a cunuttàrla comu pecura:

filici e cchiù forti pri la fidi

cùrri 'ncontru a li martìri.

Li genti ca scàppunu di l'etnèu focu,

sunu di idda protetti:

e ccu fideli si fa chiamari

è prutettu da li venèrei pirìculi.

Comu sposa idda risplenni nta lu Cielu

e preja lu Signuri pri li puvureddi,

e mentri nui la fistiggiamu

nnì sia binigna quannu la lodamu!


F.Gio
(La foto che correda il post è nostra, scattata in piazza dei Martiri a Catania)