martedì 13 maggio 2014

Catania che fu mariana: una devozione da riscoprire





         Catania che fu mariana: una devozione da riscoprire

Nell'occasione della seconda edizione del volume "Catania mariana", scritto con passione e competenza da Mons. Gianni Lanzafame, si è tenuto il 12  maggio u.s. un incontro molto interessante nel salone detto 'dei Vescovi' sito in Arcivescovado, a Catania, organizzato dalla Compagnia della Mercede. Affollata la stanza ornata dai quadri dei rettori della Diocesi catinense, tènne la relazione dotta e colta il professor Antonino Blandini, già alto funzionario della Soprintendenza regionale, responsabile della casa museo Verga,  soprattutto illustre studioso laico del Cristianesimo nella città etnea e delle figure eminenti del suo culto, dal Beato Cardinale Dusmet all'arcivescovo Francica Nava.  Egli, nel consueto eloquio appassionante, ultimo di una grande generazione di studiosi siciliani i quali univano la passione alla acribia storiografica, ha potuto rilevare come nella città di Catania fu sempre vivo il culto "alla Theotokòs, alla Madre di Gesù, tanto da essere unito a quello primigenito di Sant'Agata: il popolo chiama Agata, in siciliano, 'a Marònna, cioè la mia donna, per antonomasia, ponendo così un legame forte tra le due figure".
Abbiamo peraltro apprezzato ciò che egli ha apertamente affermato, con tristezza ma lo studioso deve essere più amico del vero che delle piaggerie, ovvero la funzione del museo utile "alla salvezza di alcune opere, ma che ne impedisce la devozione popolare", fatto di incredibile importanza in tempi andati e oggi non ripetibile: tanto che "qui la sala è piena, ma fuori non c'è interesse per il culto mariano, e specie i giovani riderebbero di queste nostre memorie, che sarebbero invece da valorizzare". Quanta verità anche se venata di malinconia, in tali affermazioni, che nè il presente Arcivescovo metropolita Salvatore Gristina, nè l'autore del libro, osarono sottoscrivere. Ma lo studioso può: come può ricordare il culto diffusissimo che la Madonna ebbe, e ha ancora in alcune feste,  l'Immacolata l'otto dicembre e la Madonna del Carmelo. Ma vi era la devozione di origine bizantina alla Madonna dell'Idria, altrimenti detta Odigitria, colei che indica la via, o anche legata all'acqua, il cui tempio nel quartiere antico corso vicino all'ex convento benedettino, giace in istato di deplorevole abbandono; vi è il culto della Madonna dell'Aiuto, una "madonna nera di strada che venne accolta nella omonima chiesa santuario che ospita anche la copia della Santa Casa di Loreto": e molti catanesi non lo sanno.
Vi fu il tempio ora scomparso di San Berillo ove era una statua della Madonna del Carmine, la cui corona di ben 14 chili d'oro, nel 1954 fu fatta fondere dal noto orefice Avolio, con i contributi essenziali delle prostitute di quel quartiere che, quattro anni dopo, sarà raso al suolo nella opera di edificazione dell'attuale corso Sicilia; vi è la pregevolissima e mistica nel suo fulgore niveo, Madonna del Gagini in San Domenico, come la antica e precedente al terremoto del 1693, statua lignea dell'Immacolata, che si venera e porta in processione dal santuario omonimo in piazza san Francesco. Quel simulacro faceva il giro dei conventi catanesi o dei luoghi ove essi storicamente erano, salendo per via Garibaldi e girando per via Plebiscito sino alla Trinità e oltre nella strada reale, via Vittorio Emanuele,: accadde l'ultima volta nel 2003, ora non più.
Il tremuoto del 1693, una catastrofe per cui Catania novella fenice divenne città settecentesca, nell'architettura essenziale: ben ha ricordato il relatore che il 14 gennaio, tre giorni dopo il flagello, la città venne consacrata alla Madonna e ogni anniversario nel tempio detto dei Minoritelli, se ne perpetua il ricordo: "posuerunt me custodiem". Come il canonico del Duomo Cilestri, che impediva ai superstiti catanesi atterriti di lasciare la città e riedificare altrove: essi rimasero perchè lui brandendo la sacra reliquia di Agata, la vergine protomartire, li incitò a ricostruire (come non fecero a Noto, Avola e altri luoghi, che fondarono i paesi in posti distanti) nella terra dei padri: di Cilestri del quale Francesco Ferrara nel XIX secolo lamentava si fosse perduta la memoria, nessuno si rammenta più.  Verso la città oggi quasi trimillenaria,  volsero nel 1610 le pupille del Vicerè Duca d'Ossuna, mentre naufragava nello Jonio mare: chiese di salvarsi alla Madonna, e lei lo indirizzò verso un fuoco. Sbarcato il Vicerè alla "pescheria", trovò un altare e pochi anni dopo per voto ne edificava il tempio, dedicato a S.Maria del Carmine sotto il titolo dell'Indirizzo (il quale ingloba le antiche omonime terme). Oggi quella chiesa è disadorna e vittima di furti, dimenticata; ma fino agli anni Novanta del XX secolo si svolgeva la processione dell'antica Madonna dell'Indirizzo: che era presente nel salone sontuosamente addobbata, come si precisò, del cinquecentesco, preziosissimo manto donato nel 1774 dalla baronessa Zappalà Asmundo. E se ricordiamo che fu un maggio, quello del 330, che vide la fondazione di Costantinopoli e la dedicazione di essa alla Madonna, e uno stesso maggio, il 29 dell'anno 1453, che Maometto II entrando a Santa Sofia conquistata, fece spaccare in sei parti l'antichissima e veneratissima icona mariana (e trasformava la chiesa in moschea, come è ancora oggi) di cui la Salus Populi Romani e altre sono una eco (il museo diocesano di Catania serba una venerata similare icona), ciò sarà poco corretto politicamente  -adesso che accogliamo ogni dì i profughi molti dei quali sono musulmani-, ma non è meno vero nè terribile, ancora, a sentirsi.  Nè soprattutto deve essere dimenticato. Come sono invece dimenticati i molti altarini, sovente mariani, di cui Catania nel suo centro storico è popolata.
Una Catania che fu mariana, dunque. Devozione da riscoprire, ma che la gioventù ignora, anche perchè chi dovrebbe non vuole, forse non può, non ha volontà, sovente non bastano pochi se non è esempio grande e contraddistinto dal non confondersi col "mondo" -si sarebbe detto un tempo-, per ripercorrere un cammino assolutamente non in contrasto con la laicità, ma di essa  indispensabile sostegno. Una Luce, anzi, la più grande. Come sa chi ha intelletto d'amore, e nel mese delle rose, della Vergine madre e di Santa Rita (di cui in città da poco tempo è elevato a santuario il tempio di Sant'Agostino, dove è una bella Madonna del Parto...), depone la più bella e profumata di esse, al centro della croce, nel cuore del gran pellicano aureo.

                                                                                                                            F.Gio

(Nelle istantanee, l'antica Madonna dell'Indirizzo, col prezioso manto aristocratico)