venerdì 21 dicembre 2012

La serata per le "Poesie religiose" di Mario Rapisardi alla Società di Storia Patria di Catania

 


 


 
        

 La serata per le "Poesie religiose" di Mario Rapisardi alla Società di Storia Patria di Catania

La partecipazione di un folto e qualificato uditorio, con persone provenienti anche da lontane città di Sicilia, ha coronato di successo, nella sede della Società di storia Patria per la Sicilia Orientale di Catania, la presentazione, il 19 dicembre u.s. del libro "Poesie religiose" del poeta ottocentesco Mario Rapisardi, volume a cura dello studioso Francesco Giordano, che ne ha promosso la pubblicazione.
Fu una serata di omaggio all'illustre Vate della Poesia italiana nel secolo illuminato che vide il trionfo delle grandi idealità, quali il positivismo, il nascente socialismo, la Giustizia sociale, le visioni d'Arte del Vero, del Bello. Con tale spirito è stato commemorato non solo il libero pensatore Rapisardi nel centenario anno della morte (1912-2012), ma anche si vòlle scegliere la raccolta di liriche unanimemente ritenuta, da critici e grande pubblico, la più tersa e bella, nella sua visione pànica dell'Universo.
Sulle "Religiose", edite per la prima volta a Catania nel 1887 dal Tropea, ora ripubblicate mercè la passione dell'Editore Angelo Boemi (l'edizione qui proposta ha fra l'altro valore unico poichè presenta un acquerello inedito del Poeta ed una pagina autografa, nonchè è verificata sui manoscritti), dissertarono il poeta e scrittore Salvatore Camilleri, che nel 1944 pubblicava un "numero unico" commemorando Rapisardi nel centenario della nascita:  la sua passione e valenza di critico e testimone vivo di sessant'anni di storia locale, ha reso coinvolgente la narrazione.
Così Francesco Mannino di Storia Patria, ha voluto precisare che il 'ciclo rapisardiano' apertosi a novembre con la lectio alla Biblioteca Civica ex benedettina, si chiuse per questo 2012 con altro appuntamento rapisardiano. infine il giornalista Santo Privitera non ha mancato di rilevare il ruolo di Rapisardi nel contesto storico.
Francesco Giordano, che si disse "sacerdote del Verbo rapisardiano", leggendo "Conforto", una delle liriche del Vate, ne inquadrò la figura fulgida non solo quale apostolo di Libertà e missionario della autentica Poesia, ma anche nella purezza della classicità onde sgorgarono le sue liriche, intrise altresì di quella visione filantropica e massonica (di cui il Poeta fu adepto) la quale, se fu antisistema, non venne meno all'amore del letterato per il Cristo. Inoltre egli ha rimarcato l'ardente sicilianismo, pur nel contesto dell'unità nazionale, del Rapisardi, i cui discepoli furono sovente tra i fautori e sostenitori, decenni dopo, dell'indipendentismo siciliano.
Qui il video riassuntivo della serata, già pubblicato su Youtube:
https://www.youtube.com/watch?v=8G-7-Lx1BZs

Qui l'articolo affettuoso e attento che il prof.Antonino Blandini, gradito ospite insieme alla gentile consorte, ha scritto sull'evento, pubblicato sul quotidiano "La Sicilia" del 2 gennaio 2013:

Le poesie religiose di Mario Rapisardi
Concluso l'anno 2012, dedicato al centenario della morte di Mario Rapisardi. Nell'aula della biblioteca della Società di Storia Patria - uno dei pochi enti morali di grande prestigio che con il nuovo anno non chiuderà i battenti, sfidando la crisi economica e morale nemica della cultura - il giornalista Santo Privitera, il poeta e scrittore Salvatore Camilleri e lo stesso Giordano hanno illustrato, a un pubblico di studiosi e di cultori di storia patria, l'intramontabile valore lirico delle poesie religiose, frutto purissimo dell'anima sdegnosa del "grande Solitario", così definito dal premio Nobel per la letteratura Grazia Deledda. Il dott. Privitera ha tracciato un bilancio delle celebrazioni rapisardiane a Catania. Il prof. Camilleri ha ricordato di essere stato il primo nel Dopoguerra a pubblicare, nel febbraio 1944, nel centenario della nascita, il numero unico, ormai introvabile, dedicato al positivista e repubblicano Rapisardi, il più grande poeta che ha avuto la Sicilia e uno dei maggiori a livello nazionale, fondatore e preside della facoltà di lettere senza essere laureato, grazie alla lungimiranza di un illustre ministro della pubblica istruzione, Francesco De Sanctis. Il dott. Giordano, autore oltre che dell'introduzione anche di una stimolante postfazione intitolata "Il Prometeo incatenato di Catania", ha ripercorso la complessa e travagliata parabola artistica della "nebulosa" di Rapisardi, uomo schivo e riservato, battagliero e spregiudicato negli scritti, profetizzato "precursore" da Victor Hugo, l'"arcangelo umanato", com'egli si compiacque definirsi, che ebbe il coraggio di ridiscutersi sino alla fine e di invocare ne ‘L'impenitente' "il tuo sospiro, il tuo perdono, o Cristo", segno del suo cristianesimo laico, mai rinnegato anche nella crisi più profonda della sua religiosità, facendo ammenda dei colpi dati allorché scrisse, nel ripubblicare nel 1906 il ‘Lucifero' messo all'Indice, "Sinceramente mi dolgo se ho offeso la sensibilità religiosa dei cristiani" (Antonino Blandini).

lunedì 17 dicembre 2012

Presentazione del libro "Poesie religiose" di Mario Rapisardi, Società di Storia Patria, Catania 19 dicembre 2012 ore 16,30



La Società di Storia Patria
per la Sicilia Orientale
 
è lieta di invitare la S.V.

alla presentazione del libro

"Poesie religiose" di Mario Rapisardi
a cura di Francesco Giordano, Boemi Editore
 
19 dicembre 2012, ore 16,30
 
Relazionerà il curatore del libro, Francesco Giordano (Storico). Interverranno Salvatore Camilleri (Poeta e Scrittore), Santo Privitera (giornalista), Angelo Boemi (Editore).
Saranno letti brani dalle opere rapisardiane.
 
 

 

Società di Storia Patria per la Sicilia Orientale
Palazzo Tezzano, piazza Stesicoro 29
95121 Catania, tel. 095316920
www.storiapatriacatania.it


giovedì 13 dicembre 2012

La serata su Domenico Tempio alla Società di Storia Patria di Catania



 
 



Il 5 dicembre nella sede prestigiosa della Società di Storia Patria per la Sicilia Orientale di Catania, riaperta alla città dopo lungo oblìo, è stato presentato, nell'ambito delle manifestazioni "Dicembre a palazzo Tezzano", il libro "Domenico Tempio cantore della Libertà", di Francesco Giordano, Akkuaria Edizioni. Sono intervenuti Francesco Mannino (Società di Storia Patria), Vera Ambra (Editore), Santo Privitera (giornalista e scrittore). L'attrice Marta Limoli ha letto con fascinoso pathos, "La Libirtà" e "La Libraria", poesie tempiane. Ha relazionato l'Autore, intorno alla figura e l'opera del grande Poeta settecentesco della "Nazione Siciliana", illuminista e illuminato.

Riportiamo di seguito l'attenta e sapiente cronaca dell'evento, scritta dalla brava giornalista Perla Maria Gubernale per CtZen http://ctzen.it/2012/12/09/micio-tempio-poesia-morale-e-versi-vastasi-un-rivoluzionario-della-liberta-dimenticato/ :

Micio Tempio, poesia morale e versi vastasi
 Un «rivoluzionario della libertà» dimenticato

Di Perla Maria Gubernale | 9 dicembre 2012
Conosciuto per i suoi componimenti erotici e per qualche storiella colorita, il catanese Domenico Tempio è stato il più grande poeta siciliano del Settecento, annoverato tra i migliori innovatori di sempre, maestro di rivolta letteraria, satira contro il potere e libertà linguistica. A quasi 200 anni dalla morte, un libro – scritto da Francesco Giordano – rivela gli aspetti sconosciuti del «Dante di Sicilia», nascosti da tempo, censure e pregiudizi

«Rivoluzionario della libertà, poeta della modernità, autore per eccellenza della lingua siciliana e cantore della nostra Catania». Così lo studioso catanese Francesco Giordano definisce Domenico Tempio, poeta etneo vissuto nella seconda metà del Settecento e oggi, dopo un lungo periodo di censura ed oblio, conosciuto per lo più per i suoi versi erotici e licenziosi in dialetto siciliano. Ma molti non sanno che Micio Tempio, così lo chiamano i suoi concittadini, insieme al palermitano Giovanni Meli, fu il più importante poeta siciliano del suo tempo, oltre ad essere considerato uno tra gli autori più riformatori e moderni di sempre. La sua penna, infatti, non tracciava sul foglio solo componimenti libertini, ma fustigava i costumi dell’epoca con la più pungente delle satire, analizzando e criticando la società e i suoi protagonisti, condannando falsità e ipocrisie. E che, per il suo capolavoro, La Carestia (un poemetto in venti canti pubblicato postumo), fu definito dalla critica moderna il «Dante di Sicilia».

Eppure, ancora oggi, per i catanesi Domenico Tempio è noto solo per le «poesie vastase», per qualche storiella dai toni coloriti e per un mezzo busto dal naso scalfito tra i vialetti del Giardino Bellini. Ma c’è molto di più. A fare emergere gli aspetti sconosciuti – o dimenticati – della figura tempiana, a quasi 200 anni dalla sua morte, un volume dal titolo Domenico Tempio cantore della libertà, scritto proprio dallo storico e studioso Francesco Giordano e presentato mercoledì pomeriggio nella sede della Società di Storia Patria per la Sicilia Orientale. «Per molto tempo – spiega l’autore – Tempio fu definito un poeta pornografo, ma i versi licenziosi, mai fini a loro stessi, gli servivano in realtà a rompere gli schemi e ad incitare alla ribellione quella che allora era la borghesia nascente». Per sfatare luoghi comuni e non cedere a falsi moralismi, trattando anche «temi forti, con parole audaci ma che non denigrano», afferma. E che, nonostante le accuse che a lungo perseguitarono la sua poetica, non fu mai antimorale perché «non pubblicò mai gli scritti erotici di sua volontà».

Un «poeta della ragione» che non deve e non può essere «catalogato solo come un autore licenzioso», spiega Santo Privitera, scrittore e moderatore dell’incontro. Fama che gli si è attaccata addosso per quasi tutto l’Ottocento e metà del Novecento, periodo in cui parte delle sue opere subì la censura – per essere rivalutata solo dopo la seconda guerra mondiale – e lo scrittore catanese fu lentamente dimenticato. Eppure Tempio è stato un intellettuale molto apprezzato dai suoi contemporanei, che vide grande fama anche in vita. E che oggi, grazie alla sua concezione del rapporto con il potere, è moderno più che mai. «Tutto cambia per non cambiare nulla»: sembra scritto oggi, ma a vergare queste parole è stata la sua penna più di due secoli fa. Per questo, secondo Privitera, «la sua figura deve essere rivalutata e i suoi scritti diffusi a partire dall’insegnamento nelle scuole».

«Era un appassionato della vita e della poesia, per questo scriveva tutto quello che pensava», sottolinea Privitera. Senza contare che «per lui, la poesia erotica era solo un modo per tenersi in allenamento e far divertire gli amici. E invece si rivelò quella che il popolo leggeva di più». Forse anche per la sua scrittura libera e un linguaggio – un «dialetto ricercato» – diretto e vicino ai nobili – che all’epoca non parlavano italiano – ma sopratutto al popolo, di cui criticava ignoranza e mentalità, accostando, in alcune opere, i comportamenti umani a quelli di animali o oggetti. Un modo di scrivere, il suo, «naturale, fatto di libertà e di satira contro il potere». Con il quale fu «giacobino e rivoluzionario dal punto di vista letterario». Nel nome di ogni forma di libertà. Che però, come si legge in calce ad uno dei suoi manoscritti – pubblicati per la prima volta nel volume antologico di Giordano – considerava «un dono micidiale per chi non ha forze e qualità bastanti a poterla sostenere».

Fu proprio la libertà il fulcro della poetica tempiana, nutrita da passione per la poesia e dal pensiero illuministico e che in quel tempo si andava formando anche tra gli intellettuli etnei. E in cui si sviluppò la sua forma mentis. Tempio, infatti, nato nel 1750, «si formò nel pieno fervore di ricostruzione architettonica (la città esce da due catastrofi spaventose: l’eruzione dell’Etna nel 1669 e il terremoto del 1693) e culturale», spiega Giordano. Qui, Tempio, inizialmente indirizzato agli studi in seminario – che poi lascio per quelli umanistici – ebbe «insegnanti illuminati», entrando in contatto con l’allora vescovo Salvatore Ventimiglia - «uomo attento al risveglio intellettuale della città» – e i «salotti infiammati di cultura» del principe Ignazio Paternò Castello di Biscari, al centro delle «istanze giacobine della massoneria settecentesca, quando la Sicilia era terra di cospirazioini rivoluzionarie e una Catania illuminata faceva parte del circuito della grande cultura europea», sottolinea lo studioso.

Domenico Tempio, allora, fu un personaggio «sulfureo, peccaminoso, che cadde in miseria, visse con i sussidi degli amici e diede scandalo convivendo con la sua cameriera, Caterina, da cui ebbe anche un figlio», racconta Giordano. Con un percorso umano interessante, uno poetico fondamentale e uno «iniziatico molto importante, fatto di simboli massonici e significati occulti, anticlericali ed esoterici». Ancora oggi incompresi e sconosciuti. Ma che, contrariamente a quanto si crede, fu un «poeta morale», conclude l’autore. Perché, come diceva Voltaire, «la morale non sta nella superstizione, ma è la medesima in tutti gli uomini che fanno uso della ragione».


Qui il video della serata, pubblicato su Youtube: http://www.youtube.com/watch?v=oslsRpON490



lunedì 10 dicembre 2012

Presentazione del libro "Musica e musicisti minori catanesi", Catania 12 dicembre ore 16, Società di Storia Patria

 
 
Nella sede della Società di Storia Patria per la Sicilia Orientale
 
piazza Stesicoro 29, palazzo Tezzano
 
verrà presentato il libro
 
 
"Musica e musicisti minori catanesi
 
tra Ottocento e Novecento
 
di Santo Privitera, Boemi Editore
 
 
12 dicembre 2012, ore 16
 
 
 
 
 
 
Relazionerà l'autore, interverranno Francesco Giordano (storico),
Maria Rosa De Luca (docente universitaria di Storia della Musica),
Angelo Boemi (Editore)