lunedì 30 novembre 2015
La morte di Giuseppe Giarrizzo, storico e Maestro: il ricordo di uno dei tanti discepoli
La morte di Giuseppe Giarrizzo, storico e Maestro: il ricordo di uno dei tanti discepoli
Lo andavamo a trovare periodicamente, nella sua stanza da emerito in fondo al corridojo nord del monastero: oramai in pochi. L'ipocrisìa che si legge nei comunicati sulla morte del maestro e professore Giuseppe Giarrizzo, scomparso a 88 anni, lasciamo cadere come le foglie al vento e come avrebbe fatto lui, con un sorriso volterriano. Eravamo in pochi ultimamente, ma continuavamo a chiamarlo Preside: e però Preside non lo era più dal 1998, e non c'è più neppure la "nostra" Facoltà di Lettere, dove abbiamo stuidiato e siamo cresciuti, soppressa dalle mutazioni ministeriali con un anonimo dipartimento studi umanistici. Giarrizzo lo storico, il Maestro di intiere generazioni, l'uomo disponibilissimo sempre coi giovani studiosi aventi volontà di apprendere, il socialista del cuore, rapisardiano e deamicisiano, con una inclinazione dolce verso il cristianesimo, se ne è andato all'alba del 28 novembre u.s.. Era nato a Riposto, di famiglia modestissima, nello stesso paesino ridente sul mare etneo in cui nacque l'altro grande storico siciliano, Santi Correnti, scomparso anch'egli qualche anno fa, con cui il nostro ebbe rapporti contrastanti (di Correnti pure fùmmo discepoli). Entrambi però innamoratissimi della storia mondiale e siciliana in particolare, entrambi allievi di Santo Mazzarino.
Lo avevamo incontrato prima dell'estate con la promessa di rivederci presto, scambiandoci come sempre notizie, conversazioni brillanti sulle ultime novità della ricerca (Tempio e la storiografia siciliana del '700, la Massonera su cui ha scritto un indispensabile e documentatissimo volume, i rapporti Chiesa latomismo tra il XVIII e XIX secolo...). Davamo per acclarato che superasse i 90 anni, anche se ultimamente ci avvertiva: "ricordatevi che ne ho quasi 88, oggi ci sono e domani non so..." Non lo rivedremo più in fondo a quella stanza a pontificare da augusto conoscitore della grande Storia, quella davvero con la "S" majuscola che i giovani d'oggi non possono apprendere, perché di Maestri come lui non ve ne sono più.
L'Università di Catania, a cui ha dedicato oltre cinquanta anni di vita accademica (e trenta da Preside di Lettere), lo ha commemorato come dovuto: siamo stati alla cerimonia laica, il 30 nell'aula Mazzarino dell'ex monastero, presente la salma in momenti di viva commozione tra coloro che gli vollero bene -assenti le ultime generazioni, che non sanno chi fu- : parlarono il Rettore Pignataro, il Sindaco Enzo Bianco, il sodale professor M.Aymard con cui Giarrizzo strinse il legame francese, l'allievo ed ex preside Jachello: quest'ultimo usò termini molto schietti, affermando di essere stato cooptato da Giarrizzo in Ateneo e dovere a lui tutto se stesso: così dichiarando che il Maestro era anche un cosiddetto "barone", il cui potere tuttavolta derivò dal suo immenso prestigio intellettuale. I funerali religiosi si svolsero nella cattedrale ripostese: ultimamente egli riscoprì la religione antica, anche a causa della perdita dell'amatissima moglie Maria.
Era un unicum per tantissime ragioni, il Preside Giarrizzo: storico notomìsta del "mezzogiorno senza meridionalismo", di lucidissime analisi dell'Europa illuminista e della restaurazione, la cui fama è pressoché mondiale. Per lui essere storico era un impegno civile, che negli anni ottanta del Novecento trasfuse anche in politica. Ma bisogna anche dire che negli ultimi anni, pur presente sempre e attento alla conservazione dell'immenso patrimonio storiografico e documentario della Cultura catanese e siciliana, egli era un sopravvissuto a tempi del tutto diversi dai suoi: che fine farà adesso la Società di Storia Patria per la Sicilia orientale, di cui era il dominus incontrastato? Chi pubblicherà il corposo archivio di documenti anche inediti, tra cui molte lettere del Rapisardi, che egli curava e che ci mostrava a volte con malcelato orgoglio? Chi difenderà il futuro della Biblioteca Civica, cui teneva come le pupille dei suoi occhi, con la veemenza di cui era capace?
Nessuno potrà sostituirlo, nessuno ha oggi l'immensa cultura e la sconfinata erudizione che aveva lui, per cui noi già all'epoca (non era necessario essere per forza del suo corso, si andava ad assistere alle lezioni come se si andasse a sentire Erodoto o Tucidide: infatti pochi rammentano che egli nasce storico classico, per poi specializzarsi nel Settecento europeo) continuavamo a consultarlo come se attingessimo all'Oracolo di Delfi: ed era questo Giarrizzo fino a che la Nera Signora non lo rapisse a tutta la comunità degli studiosi da Oriente a Occidente, un fiume in piena a cui ogni interessato poteva cogliere il più bel fiore, esattamente pari al mòtto dell'Accademia dei Lincei che lo vide suo affiliato.
Non aveva peli sulla lingua, specie negli ultimi tempi, e si esprimeva liberamente con molta chiarezza su diverse tematiche anche di attualità, non lesinando critiche e frecciate anche acute, ma sempre con stile e signorilità da uomo d'altri tempi. La sua disponibilità per la ricerca non venne mai meno: un episodio fra tanti, quando negli anni Novanta avevamo fondato e dirigevamo la rivista letteraria e storica "La Fenice", lui fu tra i collaboratori più prestigiosi, e aderì fraternamente a mostrare il proprio pensiero con grande entusiasmo. Bibliofilo attentissimo, lo ammiravamo già da studenti ginnasiali mentre incedeva sicuro e felpato nelle sale di lettura della Biblioteca Civica, aggregata all'ex Monastero, con grande sicurezza a' tempi della direzione di Maria Salmeri: epoca di grande prestigio per quelle venerande istituzioni. Fino a quando la sua figura passeggiava tra quelle sale, eravamo tranquilli, era lui l'incarnazione autentica dei vetusti Abati dell'antica reggia spagnolesca, l''aveva fatta riadattare con l'architetto De Carlo in modo simbolico -per chi ha occhi per vedere e orecchie per sentire- e semplice: si deve al suo vaticinio la rinascita di quell'immenso complesso monastico, che quasi talismanicamente "proteggeva" con la silente presenza fisica, da grande iniziato.
Ora che l'eterno Oriente ha circonfuso nel manto delle stelle supreme l'anima del vecchio storico catinense, non potremo più avvalerci dei suoi preziosi suggerimenti e incoraggiamenti anche se ne seguiremo gli insegnamenti, ma siamo certi che dalla Luce divina in cui dimora coi grandi che tanto amava, continuerà a sorriderci còlla sua ironia brillante e razionale. Fraternamente, a rivederci, Preside e Maestro!
"Amar gli uomini io sento; e chi può mai
gli uomini amar se troppo in lor s'implica?
Da lontano io però, dall'alto forse,
li miro, e sovra il lor capo infelice
Santi Ideali, il vostro lume invoco"
M.Rapisardi, epigrammi V
Francesco Giordano
martedì 24 novembre 2015
Due articoli sulla conferenza del 4 novembre riguardante la grande guerra, su La Sicilia e Prospettive
Pubblichiamo due articoli, rispettivamente apparsi sul quotidiano La Sicilia del 19 novembre 2015 e sul settimanale diocesano Prospettive del 22 novembre 2015, relativi alla conferenza sulla grande guerra, tenutasi il 4 del mese corrente nella sacrestia della chiesa di San Camillo dei Mercedari ai Crociferi, via Crociferi Catania. Ringraziamo sentitamente l'affettuoso prof.Antonino Blandini, studioso di storia patria e autore degli interventi, per la fedele cronaca dell'evento, nonché i direttori delle testate, per la cortese disponibilità.
sabato 14 novembre 2015
sabato 7 novembre 2015
Celebrata a Catania la Vittoria nella grande guerra con una importante conferenza a San Camillo
Celebrata a Catania la Vittoria nella grande guerra con una importante conferenza a San Camillo
Nella splendida cornice della settecentesca sacrestia della chiesa di San Camillo ai Crociferi, ubicata nella scenografica via omonima, chiesa adesso intitolata ai Mercedari che ne gestiscono l'uso, ospiti -mercè la gentile disponibilità del Barone Sorbera de Corbera- dell'Ordine dedicato a Nostra Signora della Mercede, si è svolto il 4 novembre l'incontro organizzato dall'Associazione Akkuaria, relativo al ciclo "Le giornate della memoria", dedicato appunto alla prima guerra mondiale, di cui il 4 novembre è giornata fatidica, poichè rammenta la Vittoria in quell'immenso conflitto; essendo anche festa delle Forze Armate e dell'Unità nazionale.
Allietata da pubblico folto e altamente qualificato, la serata si è svolta secondo il più perfetto rito della commemorazione dei nostri gloriosi caduti, in nome dell'Italia emanuelina e di quel popolo che pugnò e morì per la Patria: al suono della Marcia Reale, della Leggenda del Piave e del bollettino della Vittoria (riportato dalla voce del Maresciallo Diaz), i convenuti nel rituale attenti, si aprì la serie di interventi, coordinati dal primo relatore, dott.Francesco Giordano, storico e saggista. Egli ha voluto ricordare alcuni nomi di eroi che fecero la storia di quei tre anni di sofferenza e gloria, da Enrico Toti al generale Cascino, l'eroe della "valanga che sale"; dal Grappa al Carso al Piave ove rifulse la grandezza tragica dei semplici fanti, tutto secondo le ferree leggi di guerra dietro le quali, al comando supremo, stava il Re, Vittorio Emanuele III, che giustamente venne detto Soldato poiché come umile fantaccino calcò le trincee e rimase al fronte per tutta la durata della guerra, incarnando lo spirito autentico della Nazione: a tal proposito egli lesse la poesia "Per il Re" di D'Annunzio. Così come fu precisato che popoli diversissimi per indole e linguaggi, si trovarono in quella tragica circostanza amalgamati e uniti sotto il glorioso tricolore e nella bigia uniforme di soldati, scrisse altro combattente poi famoso, Ungaretti, ritrovaronsi quale culla avita, mescendo il pane della unità italiana mai sino ad allora raggiunta, che fu commistione di sangue, Luce oltre la tenebra della perduta Parola. Medesimemente egli volle ricordare il sacrifizio di Carlo Delcroix, grande invalido e fondatore dell'Associazione Mutilati, profondamente cristiano e aedo di quel dolore che non fa perdere mai la speranza, perchè essa si disvela come una catarsi cosmica nel desiderio di vivere anche nelle sventure, se vi è Amore.
Vera Ambra, a cui si deve l'idea delle iniziative commemoranti le guerre, ha parlato a nome dell'Associazione Akkuaria e della omonima casa editrice, della antologia di scritti sul primo conflitto, che è stata presentata di recente a cura della omonima casa editrice, e annunciato che il percorso di recupero della memoria continuerà con altro volume di testimonianze sulla seconda guerra.
Infine il noto oratore, già esponente del partito monarchico, avvocato Nello Pogliese, cassazionista, ha affascinato l'uditorio dispiegando la sua analisi in stile tacitiano non solo sul filo della nostalgia per le testimonianze di prima mano avute dai reduci di quel conflitto, ma anche analizzando con metodologia sociologica le cause che dalla triplice alleanza al passaggio all'Intesa, promossero l'intervento italiano e, inevitabilmente, non mancando di far notare la pochezza del momento storico attuale, a fronte della importanza della Patria italica nella politica estera, specie negli anni tra le due guerre. Egli infine precisò che seppure nostri nemici, gli austro-tedeschi ebbero le loro ragioni per entrare in guerra, e si avventurò nella ricerca delle cause del disastro di Caporetto, cui seguì la gloriosa avanzata del 1918 con la vittoria a Trento e Trieste.
La serata riescì infine a riportare l'attenzione ed i cuori verso un periodo storico solo apparentemente distante, le cui conseguenze tuttavia sono tremendamente attuali e permangono nella coscienza collettiva.
F.P.
Qui il video della conferenza su Youtube: https://www.youtube.com/watch?v=TX6GW4VjWyI
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