Gli anni dal 1799 al 1814 videro la Sicilia al centro della politica mediterranea dell'Europa e, per la ininterrotta guerra che gli stati del Continente capitanati dall'Inghilterra mantennero contro Napoleone Bonaparte e la Francia repubblicana ed imperiale, la nostra isola ebbe il privilegio di costituire non solamente l'indispensabile base delle operazioni navali contro l'Armata francese, ma anche beneficiò delle riforme economiche, politiche e sociali connesse. Il culmine di ciò si ebbe con la costituzione siciliana del 1812, concessa mercé il volere di S.M. Britannica ed imposta al riluttante Ferdinando, che per sdegno nominò vicario generale del Regno (il napoletano occupato dal Murat) il figlio Ferdinando. Ma questa situazione è diretta conseguenza dei due grandi combattimenti navali che diedero alla Home Fleet il predominio mondiale sulle acque mediterranee: ovvero la battaglia di Abukir (estate 1798) e quella di capo Trafalgar (ottobre 1805), dovute al genio militare dell'ammiraglio Horatio Nelson.
La figura fulgida di questo eroe indimenticabile, è indissolubile con quella della Sicilia, in quei giorni 'inglesizzata'. I marinai della flotta britannica infatti per ben due volte protessero la Sicilia e la famiglia Reale borbonica dalle invasioni dei ribelli giacobini e dell'esercito dell'Impero, costituendo il baluardo della libertà e della tolleranza civile, in anni di abbandono e di barbarie generalizzata. Dopo la grande vittoria colta nella rada egiziana dalla flotta del Nelson sulle navi napoleoniche, abbandonato malvolentieri il generale di là dalle piramidi, avendo avuto notizia "di alcuni scontri che essi chiamano grandi vittorie", l'ammiraglio fa ritorno a Napoli. Da lì protegge la ritirata della famiglia Reale a Palermo e, dopo la riconquista del regno nella primavera del 1799 ad opera delle truppe sanfediste del cardinale Ruffo e del presidio formidabile delle navi inglesi a Procida Ischia e Capri, riporta i sovrani sotto il Vesuvio, mentre il popolo festante intona la celeberrima melodia "Torna maggio".
Nominato in quell'agosto, tra il tripudio generale della popolazione che appare, dalle lettere dei contemporanei, esaltato sino al parossismo, duca del feudo di Bronte da re Ferdinando, Horatio Nelson ne va immediatamente fiero, non solamente per il significato del nome (il ciclope del Tuono) che si ricollega alla sua infermità -sin dal 1794, causa l'assedio di Calvi, è orbo dell'occhio destro: ed a Teneriffa nello stesso anno, perderà il braccio- , ma anche per l'alto grado del titolo (e per la rendita di tremila sterline del feudo), adeguato a quanto egli stesso si sarebbe aspettato dal suo governo, che invece per la magnifica vittoria dell'Oriente si degnò concedergli il non brillantissimo titolo di barone del Nilo e Visconte di Burnham Thorpe (il villaggio natale). Egli fu ed è nondimeno il più popolare condottiero che la Gran Bretagna abbia mai avuto. E tuttavia, più d'ogni cosa al mondo, il valoroso combattente che non ebbe fortuna nel focolare domestico, trovò la devota affezione, l'amore a tratti eccessivo ma prepotentemente sincero di Emma Hamilton, a quel tempo moglie dell'incaricato d'affari inglese a Napoli, la donna più bella di quegli anni. Così Volfango Goethe la descrisse nel 1787, ammantata del peplo ellenico : "... per vero dire ch'ella è propriamente bella di figura e di persona... il vecchio cavaliere... trova in quella giovane tutti i pregi dell'arte antica, il profilo delle monete siciliane e quello pure, io credo, dell'Apollo del Belvedere...". Se a tanta soave bellezza, alle doti in lei circonfuse del canto e della passione intrepida che con buona dose d'ingenuità metteva nel suo ruolo di tramite fra la Regina Maria Carolina ed il marito, quale indispensabile fonte di informazioni per il gabinetto di San Giacomo, si unisce la volontà del glorioso ammiraglio di desiderare, come egli le scrisse mentre bordeggiava le coste danesi (era il 1801) "la pace, ed allora partiremo per Bronte... in dodici ore avremo attraversato le acque... nulla potrebbe impedirmi di andarvi...", può ben comprendersi la passione impetuosa che li unì d'amore profondo ed immortale. Passione coronata dalla figlia Horatia, lungamente amata: Nelson volle legare entrambe "al Re ed al Paese" affidandole alle cure, poi non corrisposte, del governo britannico.
Questa la situazione in quei giorni, indispensabile premessa per la chiara comprensione di un curioso episodio occorso a Catania, dove sovente il Nelson con le sue navi (dall'agosto 1799 al gennajo 1800 più spesso, poiché esercitò le funzioni di Comandante in Capo della Home Fleet nel Mediterraneo) attraccava, ancorandole al largo delle scogliere dell'Armisi e della "porta di ferro", entrando nell'abitato per il piano della Statua. In quelle settimane egli si riforniva in città per alimentare l'assedio della Valletta, a Malta, ove resisteva una guarnigione francese, che avrebbe presto capitolato. Lo speziale Salvatore De Gaetani, della cui famiglia esiste ancora la farmacia (qualche isolato più in giù di allora), in via Vittorio Emanuele nel rione Civita, ebbe modo di curare una tipica forma di malanno dei marinai detta scorbuto, ricevendo le lodi dall'ammiraglio. Sembra anzi che questi donò del metallo di cannoni francesi, da cui il De Gaetani trasse un mortajo ancora esistente in farmacia. Ma pare leggenda, perché la data incisa nel bordo (all'incontrario) del manufatto è il 1842.
In una delle frequenti visite in città (narrano le cronache pettegole dell'epoca, in particolare quella dei Cristoadoro, i cui manoscritti sono custoditi dalla Biblioteca Regionale Universitaria della città etnea) Nelson e la Hamilton, accompagnati dal vecchio Sir William, furono ospiti nel palazzo dei baroni Massa principi di San Demetrio, il più sfarzoso dei cosiddetti "quattro canti" etnei (in parte rifatto dopo il bombardamento aereo del 1943). Nella corte dell'edificio, come era d'uso, s'ergeva un teatrino privato: e vi fu chi riferì che Emma ebbe ivi l'opportunità di esibirsi in una danza al suono di arpe elleniche , ed innanzi all'estasiato Nelson ed ai convenuti dell'aristocrazia rimase letteralmente senza veli, così da poterne osservare le morbide fattezze! Ciò, come si immagina, destò ulteriore chiacchiericcio per la già discussa relazione: la quale tuttavia si protrasse per la rimanente vita di Nelson.
Se infine egli non fosse caduto al servizio della Patria e dell'Europa a Trafalgar, i suoi stessi scritti ci permettono di affermare che avrebbe concluso serenamente i suoi giorni sotto il cielo poetico e stellato della ducéa alle falde dell'Etna, contemplando l'Orsa fra le braccia della bella Emma. Il destino decise però diversamente, ed il Tempio di San Paolo a Londra venera ognora colui che il poeta Giovanni Meli chiamò "anglu-sicanu eroi".
Nota: Questo articolo di Francesco Giordano è stato stampato, in edizione leggermente ridotta, a pagina 40 della rivista "La Provincia di Catania – organo ufficiale della Provincia regionale", anno XXI numero 2, febbraio 2003, con il titolo "La dolce vita catanese dell’Ammiraglio".
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