Come altre poche città al mondo, la nostra Catania ha la fortuna di possedere tesori architettonici di unicità mondiale; e in quanto inimitabile comunità civica, in essa accade che detti monumenti, i quali son patrimonio dell’umanità, debbano a volte essere sottratti alla pubblica visibilità per imperscrutabili, ma palesi, volontà di chi li gestisce. Così accade all’Anfiteatro romano di piazza Stesicoro, insigne opera del periodo augusteo, risorto a novella Luce nel XX secolo mercé l’opera di menti illuminate da sapienza: la mala segnorìa di dantesca memoria forse vuole che esso sia afflitto da destini tristi, per esser caduto in mani non capaci di amministrarlo? L’osservazione è d’obbligo.
Ad aprile di quest’anno, come ampiamente documentammo nel nostro blog “Lettere Catinensi”, la Sovrintendenza regionale che ha l’affidamento dei monumenti di Catania, quindi anche dell’Anfiteatro, ha svolto la lodevole manifestazione detta anche “Settimana della Cultura”: con le sue luci ed ombre, che abbiamo evidenziato in quella sede. Tra le note positive una indagine prospettica dell’Anfiteatro frutto di studio di giovine entusiasta; partecipammo agli incontri anche perchè parte in causa, ossia autore chi scrive codeste noterelle, dell’unica monografia sul vetusto monumento mai pubblicata, edita da Boemi nel 2002 (poi prestamente seguita da altre similari opere). Ebbene proprio in quei giorni che dovevano segnare, come in effetti accadde,un flusso maggiore dei già moltissimi turisti italiani e stranieri i quali si fermano a Catania quel tanto che basta per visitare i monumenti dell’antichità classica e del barocco, l’anfiteatro venne chiuso al pubblico (prima è stato aperto con ingresso gratuito e vigilato da un custode appositamente alloggiato nella baracchetta di metallo all’interno del sito), con la seguente spiegazione: un pezzetto della cornice d’ingresso ha ceduto, e la giustificazione data fu gli “accertamenti tecnici”, come documenta la nostra foto di allora. Lo facemmo presente, attendendo altresì gli eventi.
Son passati tre mesi, durante i quali uomini dal carattere forte conquistarono intere nazioni d’Europa nel corso del secondo conflitto mondiale; tre mesi in cui la vita dell’uomo nel singolo aspetto può avere mutazioni immense, ma non per i gerenti, o gerònti, della Soprintendenza regionale ai monumenti sezione di Catania. Un cambiamento c’è stato, lo si può notare raffrontando le due immagini da noi scattate: l’avviso a stampa appeso provvisoriamente alle transenne, per le intemperie dei giorni, cadde e volò. Solo questo. Le decine di migliaja di turisti che si affacciano dalle cancellate artistiche di piazza Stesicoro rimangono solinghi, muti e attoniti innanzi alla panoramica bellezza del lacerto di teatro antico visibile, unico nel suo genere dopo il Flavio della città eterna, ma non possono accedervi poiché sinora permane, inspiegabilmente, la chiusura.
Come ogni cronista che si rispetti, della vecchia scuola di coloro che camminano lento pede, ci recammo il 24 luglio u.s. nei locali di via Vittorio Emanuele ove si accede al Teatro greco-romano, quello sempre aperto e visitabile, per chiedere lumi. All’allargare le braccia dei quattro custodi ci venne indicato il dirigente che poteva informarci, nella persona del dottor Chiavetta. Alla nostra domanda, egli si mostra subito con fare nervoso, e ci fornisce la spiegazione di tre mesi prima: il danno ad uno dei capitelli non permette l’accesso al pubblico, è stata stilata una perizia tecnica. Tutto qui. Nessun problema se i turisti, o il cittadino comune, rimangono impediti alla visita. Si fece cenno da parte nostra che, data la tenue entità del danno la cui criticità minima è visibile ad ognuno, il problema poteva essere risolto in pochissimi giorni con semplici interventi di muratura: irritazione dell’interlocutore. Al nostro sollevare la questione volterriana, se cioè la grande creatrice di verità sia la menzogna, il predetto funzionario si altera alquanto e tronca la conversazione non volendo più “discutere con lei”, come se avessimo toccato il classico nervo scoperto della situazione. Il cronista, vigilante in nome del sovrano popolo, saluta rispettosamente e va via, non dimenticando di avvertire che ciò sarà debitamente riportato per iscritto. Come qui accade.
Il lettore sappia che la vox populi, ossia le suggeriture le quali al viandante che raccoglie informazioni giungono da fonti interne ed esterne agli addetti ai lavori, nàrrano di problemi notevoli tra la dirigenza della Sovrintendenza ed il personale di custodia ai monumenti, di liti intestine che han portato alla situazione di cui sopra. Ma anche non volendo far dietrologìa occulta, la soluzione potrebbe essere semplice, preso per vero ciò che il funzionario ha comunicato non a noi, ma all’umanità: conoscendo lo stato delle cose e la recente istituzione del cosiddetto “Parco Archeologico” in cui l’Anfiteatro è incluso, potrebbe anche darsi che per un intervento riparatorio che abbisogna al massimo di un muratore esperto, dopo la perizia tecnica si attenda il relativo finanziamento da parte della Regione Siciliana, poi vedremo di che entità esso possa essere se ci sarà e questa non si riveli soltanto una ipotesi campata in aria, il quale sblocchi finalmente l’impasse e consenta l’uso di un monumento che non è proprietà di pochi plutocrati, ma di tutto il mondo, màssime dei cittadini di Catania che duemila anni fa lo costrùssero. Non si dimentichi che siamo già in campagna elettorale per le elezioni regionali siciliane, forse ciò ha qualche significato in merito ai fatti narrati. Questa la vicenda.
La quale noi garbatamente riassumiamo con un solo termine, che non usa più poiché desueto e però efficacissimo un tempo come oggi, facendolo veleggiare qual bandiera trista su le cervìci di chi dovrebbe essere al servizio della cittadinanza che paga le tasse regionali, quindi gli stipendi sovente abbondanti, di lorsignori e dei politici: vergogna, vergogna… vergogna.
Francesco Giordano
Pubblicato su: http://www.ilcorrieredicatania.it/?p=2207
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