Sul rapporto fra Mario Rapisardi, la musica ed i musicisti, mentre è acclarato che molto vi sarebbe da scrivere sulle connessioni tra l'opera poetica rapisardiana e gli echi musicali del tempo, si può affermare senza tema di smentite che le preferenze del Vate etneo erano orientate verso l'alma favilla di Ludwig Van Beethoven, in modo prevalente ma non esclusivo. Leggiamo i documenti.
"Tu intanto che fai? Che pensi? come passi le lunghe ore della nostra lontananza? Occupati quanto più puoi: suona spesso e molto, specialmente Beethoven e Mendelssohn. Così ti parrà esser vicino a me: tu sai che io adoro la musica di quei due sovrani ingegni..." Mario Rapisardi ad Amelia (sua compagna di vita, dopo la separazione dalla moglie Giselda), da Roma 28 sett. 1886, albergo della Minerva (In "Epistolario di M.Rapisardi" a c. di A.Tomaselli, Catania 1922, pag.232). Pertanto anche Felix Mendelssohn era tra i prediletti del Poeta. Risulta da molte fonti che una delle qualità che il Rapisardi apprezzò massimamente nella bionda fiorentina d'estrazione nobiliare polacca, che lo seguì in Catania dopo le note vicende familiari, era proprio la sua abilità pianistica.
Ancora egli ribadisce all'amico carissimo Calcidonio Reina "Di questi ultimi giorni sono stato in vena, e ho scritto qualcosa che non ti spiacerà. Quanto più mi stacco sdegnoso da questa generazione che non comprendo e che non mi comprende, tanto più l'anima s'inalza a l'Ideale, e i miei versi perdono i contorni e si confondono con la musica. E in musica vorrei scrivere. Oh divino Beethoven! Sentirai". (in "Lettere di M.Rapisardi a C.Reina" a c. di A.Tomaselli, Palermo 1914, pag. 120). Codeste lettere private dirette ai più cari affetti dimostrano quanto il Rapisardi identificasse in certo senso la sua vena poetica colle melodìe beethoveniane. Inoltre era noto che l'Amelia soleva intrattenerlo, nella casa "aerea" del Borgo, onde dilettarne l'animo, al pianoforte sonando musiche del genio di Bonn. Oltre le testimonianze degli amici, v'è una istantanea fotografica che tale momento immortala: è quella che qui si pubblica, databile nell'ultimo decennio del XIX secolo, molto probabilmente del fotografo catanese Grita, amico del Vate. Un quadretto tipico dell'ottocento siciliano, per cui "l'arredamento della casa di Mario Rapisardi era quello del più modesto borghese", scrive in uno dei suoi deliziosi articoli sentimentali, Saverio Fiducia. Ora alcuni di quei mobili e quadri sono nella 'stanza Rapisardi' ubicata nei locali della Biblioteca Civica nell'ex monastero Benedettino.
In una occasione particolare Mario Rapisardi, trovandosi in Napoli, fu festeggiato dagli amici e, certo su suo suggerimento, l'Amelia Poniatowski Sabèrnich, che lo accompagnava, suonò in pubblico proprio Beethoven. Così la cronaca di quell'estate del 1888: "Iersera nella luminosa sala pompeiana dell'Hòtel Vésuve, tra un fine pubblico cosmopolita, era a fargli festa una eletta schiera di artisti con a capo per autorevole anzianità il comm.Saverio Altamura... Mario Costa cantò delicatamente, come suole, le canzoni italiane, francesi, napolitane del suo abbondante, copiosissimo repertorio... Nadina Bulicioff, che è pur lei per pochi giorni ospite dell'Hòtel Vésuve e che con gentilezza pari al talento aveva organizzata la piccola serata musicale in omaggio al poeta, volle dare al programma di questa serata le preziose attrattive della sua voce e della sua arte. Cantò, non c'è bisogno di dire come nè fra quale entusiasmo, parecchi pezzi di Gounod, di Meyerber, di Bizet. L'Amelia suonò con uno slancio, un colorito, una agilità, un sentimento ignoti a molti pianisti di professione un'ouverture di Weber, una sonata di Beethoven: musica classica, stupendamente interpretata, che suscitò gli applausi più vivaci ed entusiastici. E poi Costa daccapo: Menotti Frascati cantò Scetate... la signorina Sofia Frascani cantò col Costa il duetto E vota e gira. Ad ora tarda si finì con un coro e con una lunga unanime acclamazione ch'era pure un ultimo cordiale saluto all'amico, al poeta..." (ne "Il Pungolo", Napoli 17-18 agosto 1888). Il Rapisardi nondimeno, più che compiacersi delle feste, se ne lamentava con l'amico Calcidonio: "... se io non mi fossi mosso di qui, penso, sarebbe stato meglio: non avrei avuto le accoglinze oneste e liete, e le feste con guarnitura di Bulicioff, ma avrei goduto della tua compagnia fino a novembre..." (a C.Reina, 27 ago.1888, in "Epistolario..." cit. pag. 271). Evidentemente egli vedeva nel cuore dei molti, ed apprezzava la rara sincerità dei pochi.
Al musicista catanese F.P.Frontini, che musicò sue liriche e che egli raccomandava (lettera del 23, 1904: "...l'opera della commissione potrà essere molto agevolata da quei cittadini... fra i quali mi permetto rammentare alla SV. i signori Guseppe Giuliano, F.P.Frontini...") al Sindaco di Catania per la Commissione belliniana che s'interessava allora all'acquisto della casa natale del 'Cigno' etneo, scriveva altresì: "Tutte le arti, mio caro, non soltanto la musica, vano a rotta di collo verso il manicomio, che già spalanca i battenti a riceverle. Rimaner fermo al suo posto contro la furia della pazza corrente, è dovere di chiunque abbia per l'Arte, per la gloria e per l'onore d'Italia un culto disinteressato e sublime...", consigliandogli infine: "guardi il genio di Verdi, sereno fra la gazzarra wagneriana: si andò rinnovando fino all'estrema vecchiaia, ma restò sempre lui, ed ora si gode beato la giovinezza immortale. S'ispiri, senza scoramenti, all'esempio dei grandi; scriva come il cuor Le detta..." (a F.P.Fontini, 9 apr. 1906, in "Epistolario..." cita, pag. 398).
Per concludere, segnaliamo che l'allor giovine musicista trecastagnese Gianni Bucceri (autore della nota Mariedda, del Miles Standish e di Graziella; moriva in dignitosa povertà all'Ospedale Vittorio Emanuele di Catania nel 1953, "sanissimo tra gli ammalati", scrisse Turi Nicolosi) compose un "Inno a Rapisardi", eseguito in pubblico il 22 gennajo 1899 al giardino Bellini, durante l'inaugurazione del monumento bronzeo raffigurante il Poeta, opera del Civiletti (così riferiscono le cronache delle Onoranze al Rapisardi, raccolte nel volume a cura di A.Campanozzi, edito in Catania nel 1899).
"Tu intanto che fai? Che pensi? come passi le lunghe ore della nostra lontananza? Occupati quanto più puoi: suona spesso e molto, specialmente Beethoven e Mendelssohn. Così ti parrà esser vicino a me: tu sai che io adoro la musica di quei due sovrani ingegni..." Mario Rapisardi ad Amelia (sua compagna di vita, dopo la separazione dalla moglie Giselda), da Roma 28 sett. 1886, albergo della Minerva (In "Epistolario di M.Rapisardi" a c. di A.Tomaselli, Catania 1922, pag.232). Pertanto anche Felix Mendelssohn era tra i prediletti del Poeta. Risulta da molte fonti che una delle qualità che il Rapisardi apprezzò massimamente nella bionda fiorentina d'estrazione nobiliare polacca, che lo seguì in Catania dopo le note vicende familiari, era proprio la sua abilità pianistica.
Ancora egli ribadisce all'amico carissimo Calcidonio Reina "Di questi ultimi giorni sono stato in vena, e ho scritto qualcosa che non ti spiacerà. Quanto più mi stacco sdegnoso da questa generazione che non comprendo e che non mi comprende, tanto più l'anima s'inalza a l'Ideale, e i miei versi perdono i contorni e si confondono con la musica. E in musica vorrei scrivere. Oh divino Beethoven! Sentirai". (in "Lettere di M.Rapisardi a C.Reina" a c. di A.Tomaselli, Palermo 1914, pag. 120). Codeste lettere private dirette ai più cari affetti dimostrano quanto il Rapisardi identificasse in certo senso la sua vena poetica colle melodìe beethoveniane. Inoltre era noto che l'Amelia soleva intrattenerlo, nella casa "aerea" del Borgo, onde dilettarne l'animo, al pianoforte sonando musiche del genio di Bonn. Oltre le testimonianze degli amici, v'è una istantanea fotografica che tale momento immortala: è quella che qui si pubblica, databile nell'ultimo decennio del XIX secolo, molto probabilmente del fotografo catanese Grita, amico del Vate. Un quadretto tipico dell'ottocento siciliano, per cui "l'arredamento della casa di Mario Rapisardi era quello del più modesto borghese", scrive in uno dei suoi deliziosi articoli sentimentali, Saverio Fiducia. Ora alcuni di quei mobili e quadri sono nella 'stanza Rapisardi' ubicata nei locali della Biblioteca Civica nell'ex monastero Benedettino.
In una occasione particolare Mario Rapisardi, trovandosi in Napoli, fu festeggiato dagli amici e, certo su suo suggerimento, l'Amelia Poniatowski Sabèrnich, che lo accompagnava, suonò in pubblico proprio Beethoven. Così la cronaca di quell'estate del 1888: "Iersera nella luminosa sala pompeiana dell'Hòtel Vésuve, tra un fine pubblico cosmopolita, era a fargli festa una eletta schiera di artisti con a capo per autorevole anzianità il comm.Saverio Altamura... Mario Costa cantò delicatamente, come suole, le canzoni italiane, francesi, napolitane del suo abbondante, copiosissimo repertorio... Nadina Bulicioff, che è pur lei per pochi giorni ospite dell'Hòtel Vésuve e che con gentilezza pari al talento aveva organizzata la piccola serata musicale in omaggio al poeta, volle dare al programma di questa serata le preziose attrattive della sua voce e della sua arte. Cantò, non c'è bisogno di dire come nè fra quale entusiasmo, parecchi pezzi di Gounod, di Meyerber, di Bizet. L'Amelia suonò con uno slancio, un colorito, una agilità, un sentimento ignoti a molti pianisti di professione un'ouverture di Weber, una sonata di Beethoven: musica classica, stupendamente interpretata, che suscitò gli applausi più vivaci ed entusiastici. E poi Costa daccapo: Menotti Frascati cantò Scetate... la signorina Sofia Frascani cantò col Costa il duetto E vota e gira. Ad ora tarda si finì con un coro e con una lunga unanime acclamazione ch'era pure un ultimo cordiale saluto all'amico, al poeta..." (ne "Il Pungolo", Napoli 17-18 agosto 1888). Il Rapisardi nondimeno, più che compiacersi delle feste, se ne lamentava con l'amico Calcidonio: "... se io non mi fossi mosso di qui, penso, sarebbe stato meglio: non avrei avuto le accoglinze oneste e liete, e le feste con guarnitura di Bulicioff, ma avrei goduto della tua compagnia fino a novembre..." (a C.Reina, 27 ago.1888, in "Epistolario..." cit. pag. 271). Evidentemente egli vedeva nel cuore dei molti, ed apprezzava la rara sincerità dei pochi.
Al musicista catanese F.P.Frontini, che musicò sue liriche e che egli raccomandava (lettera del 23, 1904: "...l'opera della commissione potrà essere molto agevolata da quei cittadini... fra i quali mi permetto rammentare alla SV. i signori Guseppe Giuliano, F.P.Frontini...") al Sindaco di Catania per la Commissione belliniana che s'interessava allora all'acquisto della casa natale del 'Cigno' etneo, scriveva altresì: "Tutte le arti, mio caro, non soltanto la musica, vano a rotta di collo verso il manicomio, che già spalanca i battenti a riceverle. Rimaner fermo al suo posto contro la furia della pazza corrente, è dovere di chiunque abbia per l'Arte, per la gloria e per l'onore d'Italia un culto disinteressato e sublime...", consigliandogli infine: "guardi il genio di Verdi, sereno fra la gazzarra wagneriana: si andò rinnovando fino all'estrema vecchiaia, ma restò sempre lui, ed ora si gode beato la giovinezza immortale. S'ispiri, senza scoramenti, all'esempio dei grandi; scriva come il cuor Le detta..." (a F.P.Fontini, 9 apr. 1906, in "Epistolario..." cita, pag. 398).
Per concludere, segnaliamo che l'allor giovine musicista trecastagnese Gianni Bucceri (autore della nota Mariedda, del Miles Standish e di Graziella; moriva in dignitosa povertà all'Ospedale Vittorio Emanuele di Catania nel 1953, "sanissimo tra gli ammalati", scrisse Turi Nicolosi) compose un "Inno a Rapisardi", eseguito in pubblico il 22 gennajo 1899 al giardino Bellini, durante l'inaugurazione del monumento bronzeo raffigurante il Poeta, opera del Civiletti (così riferiscono le cronache delle Onoranze al Rapisardi, raccolte nel volume a cura di A.Campanozzi, edito in Catania nel 1899).
Una specie verrà, che da la torma
Nostra, dagli anni e dal dolor contrita,
A più alti destini, a miglior forma
Divinamente inalzerà la vita.
A te, stirpe sovrana, i ferrei nodi
Sciorran gli Enimmi, onde sì fiera in noi
Lasciò la Sfinge i freddi artigli infissi;
Sveleran le Cagioni ultime a' tuoi
Sguardi il semplice ordito, e in nuovi modi
Regnerai con amor cieli ed abissi.
M.Rapisardi, dal poemetto "L'impenitente"
(FGio)
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