Premettiamo di provare estremo fastidio trattando di codesti argomenti, che ci illudevamo di credere confinati nelle cronache della Historia Augusta, del basso Impero, nelle pagine più colorite di Tacito, nelle Satire di Giovenale, nelle storie bizantine di Procopio. Oggidì si travalica il segno. Per cui a coloro che son liberi e di buoni costumi è necessario, anche per la dignità di quel tricolore che si deve additare, nel senso dell'Unità italiana, ai propri figli, vergare parole dure e chiare. Non scritte. "A' megghiu parola", ha riportato il dottor Falcone nel suo libro, "è chidda cà non si dici": antico proverbio siculo.
Queste le straordinarie frasi dette, e riportate il 3 maggio, dalla signora Vernica Lario, nome artistico di Miriam Bartolini, consorte in via di separazione e poi divorzio (si sa che l'iter in Italia è lungo) del presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi: "Non posso stare con un uomo che frequenta le minorenni… perché la ragazza minorenne la conosceva prima che compisse 18 anni: magari fosse sua figlia…". "Ho cercato di aiutare mio marito, ho implorato coloro che gli stanno accanto di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene. E’ stato tutto inutile". Tali affermazioni, ben più della smentita del presidente, trasmessa la sera del 5 maggio in diretta tv su Rai 1, hanno una valenza politica, sociale, se ci si permette Etica e psicologica, molto grave. Infatti la seconda di esse è stata massimamente ignorata dalle televisioni e dai giornali asserviti ai grandi gruppi finanziari ed industriali. In clima di notevole recessione sociale, non è possibile stendere il classico velo pietoso. Occorre indagare colla luce delle verità che provengono dal profondo, di ognuno di noi. Verità parziali per forza di cose; sfaccettate, impalpabili. Nessuno le possiede in toto.
Bisogna nondimeno dare atto a pochi ma coraggiosi, e famosi, colleghi giornalisti di tenere desta l'attenzione su codesto problema che, se si fosse presentato nelle proporzioni nelle quali è in qualunque altra Nazione d'Europa e delle Americhe, avrebbe come minimo provocato le dimissioni dell'accusato. Tra costoro, oltre il valente Michele Santoro, è bene rammentare il collega Marco Travaglio, il quale fra l'altro ha ricevuto qualche giorno fa il premio per la libertà di stampa dalla associazione Djv dei giornalisti tedeschi, ed in tale occasione ha dichiarato a Berlino che in Italia la libertà di stampa "esiste sulla carta, ma non molto sulla carta stampata e quasi per nulla sulla televisione", manifestando uno stato di fatto gravissimo per la democrazia, il quale tuttavolta trova le scaturigini nella anomala situazione nella quale la Nazione si trova. Forse, da noi non accadrà nulla. In ogni caso, non si potrà dire che siamo rimasti zitti.
Non esprimiamo commenti, solo un riferimento storico, privo di attinenza coi fatti odierni, epperò a nostro avviso utile onde far riflettere. Il 29 luglio del 1943, in piena tragedia nazionale, appare nel diario del generale Paolo Puntoni, ajutante di campo del Re Vittorio Emanuele III (il Duce era stato sostituito quattro giorni prima dal Maresciallo Pietro Badoglio), la seguente riflessione del Sovrano, confidata al suo collaboratore: "Per me, ha detto Sua Maestà, molta colpa è di quella donna. A sessant'anni non si possono commettere certe intemperanze! -Uscendo poi dal suo consueto riserbo, mi ha citato, ridendo, un proverbio napoletano che suona press'a poco così: Quando per amore si va in gloria, la capa di sopra perde 'a memoria" (pag. 149 del vol. "Parla Vittorio Emanuele III" di P.Puntoni, Bologna 1993). "Quella donna" era la Claretta Petacci, che seppe morire con coraggio, assassinata barbaramente, accanto all'uomo che amava; persino donna Rachele ha per lei parole di perdono e di companto, nel libro delle sue memorie.
In fine, rammentiamo le parole che Giuseppe Garibaldi,la cui adamantina coerenza ideale splende intemerata, rifiutando di sedere in Parlamento nel 1880, scriveva a modo di testamento ai suoi seguaci: "Tutt'altra Italia io sognavo nella mia vita, non quella miserabile all'interno ed umiliata all'esterno, ed in preda alla parte peggiore della Nazione". Vi sono, lo crediamo fermamente, in Italia uomini d'onore e d'onestà i quali possono affermare col personale esempio, quel che disse il selvaggio nella volterriana Storia di Jennì: "Il mio Dio è là-, e mostrò il cielo; -la mia legge è qui dentro, e si mise la mano sul cuore", senza circonlocuzioni dogmatiche o barocche. Per tali motivi, purificate le acque dalla lutulenza, tornerà anche nella Patria nostra, la Luce.
Queste le straordinarie frasi dette, e riportate il 3 maggio, dalla signora Vernica Lario, nome artistico di Miriam Bartolini, consorte in via di separazione e poi divorzio (si sa che l'iter in Italia è lungo) del presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi: "Non posso stare con un uomo che frequenta le minorenni… perché la ragazza minorenne la conosceva prima che compisse 18 anni: magari fosse sua figlia…". "Ho cercato di aiutare mio marito, ho implorato coloro che gli stanno accanto di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene. E’ stato tutto inutile". Tali affermazioni, ben più della smentita del presidente, trasmessa la sera del 5 maggio in diretta tv su Rai 1, hanno una valenza politica, sociale, se ci si permette Etica e psicologica, molto grave. Infatti la seconda di esse è stata massimamente ignorata dalle televisioni e dai giornali asserviti ai grandi gruppi finanziari ed industriali. In clima di notevole recessione sociale, non è possibile stendere il classico velo pietoso. Occorre indagare colla luce delle verità che provengono dal profondo, di ognuno di noi. Verità parziali per forza di cose; sfaccettate, impalpabili. Nessuno le possiede in toto.
Bisogna nondimeno dare atto a pochi ma coraggiosi, e famosi, colleghi giornalisti di tenere desta l'attenzione su codesto problema che, se si fosse presentato nelle proporzioni nelle quali è in qualunque altra Nazione d'Europa e delle Americhe, avrebbe come minimo provocato le dimissioni dell'accusato. Tra costoro, oltre il valente Michele Santoro, è bene rammentare il collega Marco Travaglio, il quale fra l'altro ha ricevuto qualche giorno fa il premio per la libertà di stampa dalla associazione Djv dei giornalisti tedeschi, ed in tale occasione ha dichiarato a Berlino che in Italia la libertà di stampa "esiste sulla carta, ma non molto sulla carta stampata e quasi per nulla sulla televisione", manifestando uno stato di fatto gravissimo per la democrazia, il quale tuttavolta trova le scaturigini nella anomala situazione nella quale la Nazione si trova. Forse, da noi non accadrà nulla. In ogni caso, non si potrà dire che siamo rimasti zitti.
Non esprimiamo commenti, solo un riferimento storico, privo di attinenza coi fatti odierni, epperò a nostro avviso utile onde far riflettere. Il 29 luglio del 1943, in piena tragedia nazionale, appare nel diario del generale Paolo Puntoni, ajutante di campo del Re Vittorio Emanuele III (il Duce era stato sostituito quattro giorni prima dal Maresciallo Pietro Badoglio), la seguente riflessione del Sovrano, confidata al suo collaboratore: "Per me, ha detto Sua Maestà, molta colpa è di quella donna. A sessant'anni non si possono commettere certe intemperanze! -Uscendo poi dal suo consueto riserbo, mi ha citato, ridendo, un proverbio napoletano che suona press'a poco così: Quando per amore si va in gloria, la capa di sopra perde 'a memoria" (pag. 149 del vol. "Parla Vittorio Emanuele III" di P.Puntoni, Bologna 1993). "Quella donna" era la Claretta Petacci, che seppe morire con coraggio, assassinata barbaramente, accanto all'uomo che amava; persino donna Rachele ha per lei parole di perdono e di companto, nel libro delle sue memorie.
In fine, rammentiamo le parole che Giuseppe Garibaldi,la cui adamantina coerenza ideale splende intemerata, rifiutando di sedere in Parlamento nel 1880, scriveva a modo di testamento ai suoi seguaci: "Tutt'altra Italia io sognavo nella mia vita, non quella miserabile all'interno ed umiliata all'esterno, ed in preda alla parte peggiore della Nazione". Vi sono, lo crediamo fermamente, in Italia uomini d'onore e d'onestà i quali possono affermare col personale esempio, quel che disse il selvaggio nella volterriana Storia di Jennì: "Il mio Dio è là-, e mostrò il cielo; -la mia legge è qui dentro, e si mise la mano sul cuore", senza circonlocuzioni dogmatiche o barocche. Per tali motivi, purificate le acque dalla lutulenza, tornerà anche nella Patria nostra, la Luce.
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